Guida alla flessibilità mentale

Una delle principali richieste che la società contemporanea pone ai giovani consiste nell’assunzione di un atteggiamento di apertura nei confronti dei molteplici aspetti della realtà circostante.

Ciò che si richiede è la “flessibilità mentale”, intesa come capacità di ascolto, assunzione di diversi punti di vista, curiosità intellettuale, coraggio del cambiamento, disponibilità all’adattamento. Le ragioni di tutto ciò vanno ricercate nei mutamenti a livello sociale, culturale, lavorativo che hanno caratterizzato gli ultimi decenni.

Il mondo del lavoro, per la crisi che lo caratterizza, sollecita in chi vi si affaccia la disponibilità ad accettare soluzioni alternative a quelle precedentemente considerate con la conseguente necessità di utilizzare le conoscenze acquisite negli anni di studio per scopi diversi da quelli per cui sono state apprese.

Contemporaneamente, il significativo fenomeno di contatto con culture, tradizioni, stili di vita alternativi a quelli personali, può essere vissuto costruttivamente e positivamente solo adottando un atteggiamento di curiosità e di accettazione incondizionata dell’altro, portatore di valori diversi ma non inferiori.

Le conseguenze che l’assunzione della flessibilità mentale determina non sono certo irrilevanti. Essa infatti stimola l’adozione del pensiero alternativo, centrato sulla formulazione di innovative ipotesi di soluzione dei problemi e favorisce quindi lo sviluppo creativo delle potenzialità personali. In questo senso sono implicite sia l’accettazione del nuovo ed il superamento dei rigidi sistemi di categorizzazione della realtà, sia un’elevata tolleranza dell’ansia derivante dal rischio e dall’incertezza legati al superamento dei confini del già noto.

La scuola ed il mondo del lavoro richiedono quindi un atteggiamento di apertura e flessibilità ed è sulla base di queste considerazioni che si dovrebbe formare una cultura della flessibilità sviluppando discussioni ed esercizi sulle aree pricipali che si collegano ad essa.

Alcuni moduli che si possono suggerire sono: la prosocialità, il pensiero laterale, la creatività, la tolleranza allo stress, la capacità critica, il senso di responsabilità.

La prosocialità, intesa come disponibilità alla collaborazione ed alla compartecipazione, come accettazione dell’altro ed assunzione di punti di vista alternativi al proprio, rappresenta una delle più alte espressioni dell’elasticità mentale.

In un contesto sociale e lavorativo sempre più complesso, in cui interagiscono culture e valori diversi e che richiede un elevato grado di adattabilità, la “disponibilità” sociale rappresenta una dote fondamentale. Tale dote predispone a star bene con gli altri, ad aiutare, a condividere, a prevenire e risolvere i conflitti, ad esprimere il proprio punto di vista con la consapevolezza dell’esistenza di alternative, ad accogliere o rivolgere una critica nel rispetto dell’altro. La condotta prosociale può essere schematicamente  scomposta in una componente cognitiva ed in una comportamentale.

La prima include i processi di percezione e di interpretazione del punto di vista o della necessità dell’interlocutore, la valutazione circa la propria  competenza nella situazione specifica, la previsione delle conseguenze della propria azione.

La componente comportamentale rappresenta invece l’azione prosociale in sè, che si manifesta come disposizione non aggressiva e non egocentrica, come aiuto, collaborazione e condivisione. La conseguenza che la condotta prosociale produce nell’emittente e nel suo interlocutore è di notevole interesse. Si verifica infatti una sorta di “effetto di reciprocità della condotta prosociale” in base al quale ciascun componente della relazione risente positivamente della condotta messa in atto ed è protagonista di una trasformazione in senso prosociale, che lo rende più disponibile ad un proficuo contatto interpersonale.

Il rapido mutare degli eventi, caratteristico dei nostri tempi, rende improduttiva l’adozione di un atteggiamento rigido, focalizzato su di un unico bersaglio, in quanto è facile lasciarsi sfuggire altre opzioni potenzialmente utili. Questo problematica è stata ben definita da H.B. Gelatt: “Se sapete sempre dove state andando, probabilmente non finirete mai da qualche altra parte”.

La gestione della complessità ambientale, la disponibilità all’adattamento ed al cambiamento,espressioni di elasticità mentale, richiedono quello che Edward De Bono ha definito pensiero laterale.

Il pensiero laterale può essere inteso come quell’insieme di atteggiamenti che permette all’individuo di superare i modi storicamente determinati di organizzare l’esperienza, i cosiddetti schemi, per generare concezioni e percezioni nuove e più adeguate alle circostanze.

Il pensiero laterale risulta quindi fondamentale per chi voglia attuare uno sforzo preciso e deliberato nella direzione del cambiamento in quanto l’adozione di tale forma di pensiero aiuta il pensatore ad attraversare gli schemi, anziché seguirli, per individuarne dei nuovi. Risulta quindi chiara la funzione del pensiero laterale nell’adattamento positivo dell’individuo all’ambiente circostante, nella capacità di affrontare situazioni nuove ed impreviste senza perdere di vista il proprio obiettivo.

Diretta conseguenza dell’utilizzo del pensiero laterale e chiara espressione della flessibilità mentale, la creatività, intesa come capacità di fornire idee e soluzioni rare ed insolite, gioca un ruolo fondamentale nel processo di adattamento ad un contesto ove le capacità di gestione della complessità e l’apertura a ciò che è nuovo e diverso rappresentano disposizioni essenziali. La creatività ha a che fare con la produzione di nuove idee, nuovi approcci ed alternative avanzate atte a rendere più efficace la soluzione delle situazioni problematiche. La sola logica infatti nulla può fare quando il problema necessita di procedure diverse da quelle usualmente adottate. Se è necessario essere razionali nella definizione dei problemi e nella formulazione degli obiettivi, è altresì indispensabile, nella fase successiva del lavoro, riuscire a sospendere la razionalità e concedere spazio alla creatività per produrre idee e strategie innovative rispetto all’esperienza passata.

Molte persone tuttavia accolgono con sospetto il concetto di pensiero creativo in quanto esso non utilizza le abituali operazioni di identificazione, di giudizio e di critica del pensiero razionale. Molti pensatori amano la sicurezza: costruiscono degli schemi di conoscenza e rifiutano tutto ciò che non rientra in essi. Per essere creativi occorre invece affrontare l’ignoto, le provocazioni, i rischi di un cammino nuovo del quale non si possono conoscere in anticipo gli esiti.

L’adozione di un atteggiamento di flessibilità mentale, intesa come coraggio del cambiamento, disponibilità all’adattamento, curiosità intellettuale, implica un’elevata tolleranza allo stress. Infatti, quando si affrontano percorsi sconosciuti od inesplorati, la mancanza di punti di riferimento, la scarsa utilità degli schemi di conoscenza abituali e le incognite circa gli esiti finali, costituiscono inevitabilmente fonti stressanti che mettono alla prova l’individuo nella sua capacità di reagire adeguatamente ad esse per realizzare gli obiettivi prefissati.

I numerosi studi condotti sullo stress hanno evidenziato un fatto fondamentale: le persone non sono vittime passive dello stress. Infatti la situazione stressante non è mai dovuta unicamente all’evento in quanto tale, ma dipende in gran parte da come esso viene soggettivamente codificato, da come viene interpretato dall’individuo ed è proprio questo l’aspetto che alla fine determina l’esito della situazione. Tale condizione determina importanti conseguenze, soprattutto se associata alla relazione esistente tra il livello di stress e la qualità della prestazione.

Infatti la risposta di stress, e l’attivazione che la caratterizza, se mantenute entro determinati limiti, non sono negative, anzi costituiscono una reazione adattiva ed utile che favorisce il rendimento dell’individuo. Tuttavia, se tale attivazione è eccessiva, può influenzare negativamente la prestazione, sia da un punto di vista motorio (parlare, muoversi), sia sotto l’aspetto cognitivo (pensare, ricordare, leggere).

Risultano quindi di notevole importanza sia la reazione personale sia il significato che il soggetto attribuisce a situazioni nuove, complesse, prive di stabili punti di riferimento, poiché da tali valutazioni dipende il grado della risposta di stress e quindi la qualità della prestazione individuale, la capacità di adattamento e di flessibilità nei confronti delle situazioni stesse.

La capacità critica permette di dare un significato a ciò che ci circonda esaminando con estrema attenzione il nostro pensiero e quello degli altri.

In questo senso la capacità critica è intesa in senso costruttivo, capace cioè di stimolare una migliore comprensione degli eventi.

Tale forma di pensiero facilita l’apertura a nuove idee e a differenti punti di vista ed è quindi determinante nell’adozione di un atteggiamento flessibile, disponibile a modificare o cambiare le proprie posizioni alla luce di nuove informazioni o di migliori intuizioni. Sebbene nell’uomo sia profondamente radicata la tendenza a restare ancorati alle convinzioni faticosamente raggiunte, tuttavia la crescita personale implica necessariamente il coraggio di cambiare le proprie conoscenze ogni qualvolta l’evidenza suggerisca di farlo. Se ciò non si verifica, si rafforza un atteggiamento acritico e quindi improduttivo, tipico di chi è convinto di essere l’unico ad aver ragione e che ritiene che ogni opinione diversa dalla propria sia erronea. L’assunzione del pensiero critico richiede l’adozione di alcuni atteggiamenti di fondo. In primo luogo si rende necessario un atteggiamento attivo, volto cioè ad utilizzare attivamente la propria intelligenza, le proprie conoscenze, per potersi confrontare validamente con se stessi e con gli altri.

Pensare criticamente significa inoltre riflettere attentamente su se stessi, in particolare sull’origine delle proprie convinzioni e conoscenze. Infatti molte delle opinioni di un individuo hanno la loro origine nell’ambiente familiare e può capitare che pur con la maturazione si continui a credere alle stesse idee con cui si è cresciuti, senza esaminarle per decidere in prima persona se accettarle o rifiutarle. In questo caso al pensiero personalizzato si contrappone la banale, acritica accettazione di quanto pensato da altri con gravi limitazioni nel campo dell’espressione personale.

Pensare criticamente infine depone per l’assunzione di un atteggiamento di apertura a nuove idee e punti di vista diversi dal proprio. Oltre alla nostra, possono esserci altre opinioni, forse più valide, la cui conoscenza è indispensabile per avere un quadro più chiaro della situazione.

L’adozione di un atteggiamento flessibile implica che l’individuo avverta il senso di responsabilità relativamente a ciò che lo coinvolge, che si consideri “attore” della propria esistenza e non in balia di eventi completamente al di fuori del proprio controllo.

L’adozione di un atteggiamento di questo tipo implica quello che Julian Rotter nella sua teoria del Locus of Control ha definito locus interno. Possedere un locus interno è estremamente importante in quanto esso contribuisce a rendere l’individuo consapevole circa le proprie responsabilità e quindi più orientato ad attivarsi personalmente per raggiungere gli obiettivi che si è preposto evitando così di assumere un atteggiamento di passività che col tempo può risultare dannoso. Il senso di responsabilità connesso ad un locus di tipo interno induce l’individuo ad avere un contatto diretto con le proprie capacità e competenze e a desiderare di affinarle per un maggiore rendimento. Ciò migliora l’immagine di sè e quindi anche l’autoefficacia personale, la qualità delle relazioni interpersonali, con un influsso favorevole sulla vita dell’individuo.

Guidare la riflessione lungo un percorso che prenda in considerazione alcuni dei molteplici aspetti della capacità di essere flessibili può risultare utile ad attirare l’attenzione su stili di pensiero alternativi, talora poco utilizzati, soffocati dalle usuali modalità di leggere la realtà, ma rappresentanti la reale risorsa per affrontare in modo adattivo e realmente proficuo la complessità, sempre più elevata, della realtà circostante.

 

 

SERGIO BETTINI

Nato a Bologna, vive ed ha studio professionale in Alessandria. Coniugato, una figlia infermiera presso Ospedale Besta di Milano.
Maturità classica conseguito presso il Liceo Classico “Plana” di Alessandria. Laurea in Lettere moderne presso l’Università di Genova. Specializzazione in Psicologia ai corsi triennali dell’Università di Torino, diretti dal prof. Massucco Costa. Iniziale insegnamento nella classe di materie letterarie in istituti medi inferiori e superiori. Esperienza decennale presso stabilimento Michelin di Spinetta Marengo, responsabile alla selezione e formazione del personale per sedi Italia. Attività per oltre un ventennio come Direttore della fondazione Centro di orientamento scolastico e professionale in Alessandria struttura originale nel suo genere in Italia sorta su concorso di 19 soci fondatori (Comuni della provincia di Alessandria, Provincia, Camera Commercio, Unione Industriali)
Iscritto nell’albo degli Psicologi della Regione Piemonte al n. 727, risulta libero professionista. Offre consulenza individuale a studenti e famiglie e come esperto di formazione a Scuole e docenti nel campo dell’Orientamento scolastico e professionale. Consulente in Master universitari, Enti pubblici e strutture operanti nel campo dell’orientamento. Consulente di Class Editori per i Saloni dello Studente da oltre un ventennio.