Lara Botta, Chief digital officer e Business development manager della Botta Packaging, fa un’ampia panoramica sulla situazione STEM in Italia e ci racconta le iniziative che i Giovani Imprenditori di Confindustria, insieme al Salone dello Studente, mettono in campo per far conoscere ai ragazzi, ma soprattutto alle ragazze, le opportunità che offrono i corsi di laurea scientifici e tecnologici.
Dottoressa Botta, perché ultimamente si parla tanto delle cosiddette lauree STEM?
L’importanza di far conoscere le lauree STEM ai ragazzi che frequentano le scuole superiori deriva proprio dall’esigenza del mercato. Il lavoro sta cambiando a una velocità impressionante e questo vale anche per le industrie tradizionali che devono fare i conti con la digitalizzazione e con le nuove prospettive dell’Industria 4.0. Questo determina un forte bisogno di competenze digitali, tecnologiche, informatiche, scientifiche in senso lato. In Italia assistiamo al paradosso che mentre i giovani non trovano lavoro (il tasso di disoccupazione nella fascia 15-24 anni è del 37,8%), a loro volta le imprese (si stima circa un 20%) non trovano ragazzi con la preparazione adatta. C’è un forte mismatch tra domanda e offerta.
Come fare per ovviare al problema?
È necessario che queste informazioni arrivino agli studenti, ai professori di scuola, ai genitori. Ricordo un sondaggio fatto dalla Doxa che diceva che per quanto riguarda la scelta del corso universitario, la maggior parte dei ragazzi è influenzata dai genitori e, in particolar modo, dalle madri. Papà e mamma però spesso non hanno informazioni di prima mano sulle nuove tendenze del mercato o forse basano i propri consigli su esperienze personali pregresse. I ragazzi devono essere informati, soprattutto dalla scuola. Basterebbe far conoscere loro qualche dato per aiutarli nella scelta. Spiegare loro che l’Unione Europea stima che entro il 2025 verranno creati 7 milioni di posti di lavoro in area STEM. Oppure che nel 97 per cento dei casi i laureati del Politecnico di Milano trovano lavoro entro un anno dal termine del corso di studi. Solo per fare qualche esempio, ma i dati esistenti sono tantissimi.
C’è poi un’altra problematica, il gender gap, ossia la preponderanza del genere maschile nei corsi STEM.
È un problema che nasce da lontano, fin dalla più tenera età, quando si indirizzano maschi e femmine verso interessi differenti. Invece sarebbe importante, a scuola, aiutare entrambi i generi ad appassionarsi a tutte le materie, per esempio cambiando i libri di testo che devono diventare sempre più “gender neutral”.
Che cosa può cambiare la presenza di più ragazze nei corsi di laurea e nelle professioni STEM?
La presenza di elementi femminili nei team di lavoro di area STEM è un arricchimento da più punti di vista. A partire, banalmente, dalla forza che offre la diversity a qualsiasi squadra. Se la grande maggioranza dei ruoli decisionali è ricoperta da uomini, si finisce per operare con background simili, sottostimando che il mercato è invece molto vario. Più in dettaglio, le scelte di marketing dovrebbero essere prese da gruppi che rispettano la diversità e in particolare la parità uomo-donna, visto che la più alta percentuale di compratori è donna. Un esempio per capire meglio: tempo fa la Apple aveva sviluppato un’app per la salute che comprendeva numerosi parametri, ma mancava il ciclo mestruale. Che interessa una grandissima fascia della popolazione. Semplicemente gli uomini che avevano sviluppato questa applicazione non ci avevano pensato. E poi c’è anche un lato più significativo dell’Intelligenza Artificiale: in un team di lavoro o ricerca non avere il genere femminile (ma, in teoria, varrebbe anche per il contrario), comporta la reiterazione di stereotipi di genere, gli algoritmi partono cioè da basi già stereotipate, senza variabili.
Ci può spiegare meglio?
Certo, lo faccio prendendo a prestito un aneddoto che Giulia Baccarin, ingegnere biomedico, una delle nostre scienziate di punta su algoritmi predittivi, robot e data science, ricorda spesso. L’obiettivo della sua tesi di laurea era trovare un algoritmo utile a prevenire le cadute degli anziani. Per questo aveva bisogno di numerosi esempi di cadute. Chiese pertanto ai suoi compagni di corso di simulare capitomboli. Trovato l’algoritmo, si laureò a pieni voti. Soltanto dopo si rese conto di aver trovato sì l’algoritmo, ma quello che serviva prevenire le cadute degli anziani maschi. Perché i suoi compagni di corso erano prevalentemente maschi.
Quali sono le iniziative dei Giovani Imprenditori di Confindustria per promuovere la conoscenza dei percorsi STEM fra le ragazze?
Ci siamo posti questo problema: le donne si laureano prima, con voti più alti e sono anche di più. Perché disperdere questo patrimonio, questo pool di talenti? L’obiettivo che ci siamo dati è proprio quello di far circolare queste informazioni. In particolare con il Progetto STEAMiamoci (nato in Assolombarda) che portiamo in varie tappe del Salone dello Studente, il modo più diretto per arrivare ai ragazzi e soprattutto alle ragazze che stanno per decidere quale corso di laurea frequentare. La capillarità della rete dei Giovani Imprenditori di Confindustria fa sì che i nostri riferimenti territoriali partecipino ai Saloni in tutta Italia. Dove portiamo esempi di giovani donne che ce l’hanno fatta, che hanno un ruolo in area STEM. Perché le ragazze hanno bisogno di “role model”, di modelli a cui ispirarsi. Anche i media dovrebbero fare la loro parte: se c’è la necessità di intervistare uno scienziato, e magari c’è poco tempo, quasi sempre si pensa a un uomo. È un problema di numeri, ma anche, di conoscenza. Un progetto della Fondazione Bracco ha pensato di far conoscere anche il lato femminile della scienza, selezionando 100 donne scienziate. Perché così nessun giornalista possa dire “non la conosco”. Anche questo è un modo per scardinare lo stereotipo.
STEM: ecco la password che apre le porte del futuro ai giovani
Lauree STEM. Ragazzi, conoscete questo acronimo? Se siete iscritti all’ultimo anno di scuola superiore e state per scegliere il corso universitario, leggete qua, ne va del vostro futuro. STEM sta per Science, Technology, Engineering and Maths e rappresenta le discipline scientifiche strategiche per la crescita economica e sociale del nostro Paese. In pratica, sono i corsi di laurea che, nei prossimi anni, garantiranno il maggiore sbocco occupazionale. Parliamo di professioni nuove o addirittura al momento ancora inesistenti, ma che nel prossimo futuro si renderanno evidenti e necessarie: Data scientist, Cyber security expert, Cloud architect, App developer, Social media analyst, Web designer, Big data engineer e via di questo passo. Il trend è segnato, siamo nell’era della rivoluzione tecnologica e digitale e il mercato del lavoro ha un fortissimo bisogno di ragazzi che dispongano di queste competenze. Alcuni Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Asia, sono già al passo con i tempi: una forte percentuale di chi riesce a iscriversi a un corso di laurea segue un percorso scientifico. Più che in Europa e molto più che in Italia. Dove gli ultimi dati del Consorzio interuniversitario AlmaLaurea (Rapporto 2018), dicono che i laureati STEM del 2017 costituiscono il 26,5%, a maggioranza maschile. E che a cinque anni dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione dei laureati STEM è dell’89,3%. Un dato ottimo che andrà a migliorare nel futuro. Ragazzi, pensateci!