Una ricerca rivela come i nati dopo il 1996 sono destinati a rappresentare un importante motore di innovazione per le aziende, a patto che sappiano soddisfare la loro richiesta di digitalizzazione.
La “Generazione Z” – solo una delle tante etichette che identifica i nati dopo il 1996 – rappresenta un’importante leva di innovazione per la società attuale e per le aziende, il contributo necessario e più significativo per la digitalizzazione della realtà attuale. Nativi Digitali, ovvero nati nell’era hi-tech e in ambienti 2.0: sono stati definiti anche Linksters, per sottolineare che il loro mondo è sempre stato caratterizzato dall’esistenza di Internet. Diversi nomi dunque, tutti però complementari, ognuno rende evidente la medesima caratteristica: la presenza e l’uso delle tecnologie.
L’innata e profonda conoscenza delle tecnologie e delle sue potenzialità spinge la Generazione Z ad una perentoria richiesta di innovazione – con conseguente svecchiamento dei processi produttivi: le aziende, per mantenersi attrattive verso le nuove risorse, devono partecipare allo sviluppo tecnologico.
Secondo una survey commissionata da Dell Technologies – condotta su oltre 12mila studenti di scuole medie superiori e università, in 17 Paesi a livello mondiale – il 91% degli intervistati dichiara infatti, che in caso di proposte di lavoro, la tecnologia offerta da un datore di lavoro fa pendere l’ago della bilancia. L’80%, inoltre, desidera lavorare con tecnologie all’avanguardia: di questi il 38% è interessato a carriere nell’IT, il 39% è attratto dalla cybersecurity e il 46% aspira ad occuparsi di ricerca e sviluppo nel settore tecnologico. Le aziende, insomma, devono saper rispondere a questa richiesta di digitalizzazione se vogliono restare competitive. Diversamente faticano a reclutare nuove leve, in grado di spingere l’innovazione dall’interno, e la carenza di personale giovane e propulsivo aumenta il gap tecnologico, generando un circolo vizioso.
Rispetto agli elementi considerati utili per trovare un buon lavoro il titolo di studio è sempre più considerata una “condizione necessaria ma non sufficiente” (13,6%). Il requisito nettamente più importante è “la capacità di adattarsi” (44,9%) da intendere non solo rispetto a quanto il mercato offre ma anche e soprattutto ai cambiamenti del mondo del lavoro. È oramai consolidata ampiamente la consapevolezza che le conoscenze e le competenze acquisite vanno continuamente aggiornate. È una generazione che tende ad essere più pragmatica, più centrata sul presente e pronta a riconoscere che l’impegno di oggi è premessa indispensabile per realizzare i propri obiettivi professionali e di vita. I “Gen Z” sono già consapevoli che utilizzare le tecnologie non significa saperle progettare o lavorarci, e riconoscono quindi il valore della formazione sulle skills digitali.
Eppure, chi meglio di loro – cresciuti a latte e smartphone! – sa districarsi nel settore dell’informatica e della programmazione? Le aziende, sempre più focalizzate sulla ricerca di profili con competenze informatiche ed ingegneristiche, favoriscono l’ingresso nel mercato del lavoro dei Nativi Digitali: la voglia di avvalersi di un personale all’avanguardia porta alla proposta di stage e percorsi di lavoro che li rendano immediatamente operativi. Ciò porta gli stessi componenti della Generazione Z a scegliere di investire sulla propria crescita e formazione, creando un profilo personale e professionale che racchiude al proprio interno aspetti destinati a chiamare ogni organizzazione a un autentico cambio di paradigma per riuscire ad attrarre prima, reclutare poi e infine trattenere i migliori talenti in circolazione.
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