Il lavoro c’è, mancano le competenze

“Il lavoro c’è”, mancano le competenze necessarie.  Intervista a Marina Calderone, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Scuola, istruzione tecnico-professionale, Pcto, lavoro e sicurezza. Questi i temi toccati dalla titolare del dicastero

“Cari ragazzi, dotatevi della vostra personalissima cassetta degli attrezzi, seguite le vostre inclinazioni, coltivate i vostri talenti e scegliete la strada più adatta a voi. Impegnandovi, perché non potrete non giocare la partita”. Così il ministro Marina Calderone, intervistata da Domenico Ioppolo, amministratore delegato di Campus Editori, alla giornata conclusiva del Salone Nazionale dello Studente e dell’Economia finanziaria. Un evento targato Campus e Regione Lazio, con la collaborazione di Class Editori e Milano Finanza per la parte di Edufin, che ha portato alla Fiera di Roma circa 60mila giovani in cerca di orientamento sulle scelte post diploma.
Ministro Calderone, tantissimi i giovani qui al Salone che stanno mettendo le basi per la scelta del proprio futuro. La nuova generazione. Purtroppo, però l’Italia è ai primi posti in Europa per numero di Neet, giovani che non studiano e non lavorano. Come ministro, che indicazione si sente di dare a questi ragazzi e a queste ragazze che affollano il Salone?
È bellissimo vedere il Salone così ricco di presenze, tanti giovani che trovano una grande varietà di offerte formative, che sono l’esempio di quello che in Italia riusciamo a mettere a disposizione delle nuove generazioni. Sono assolutamente convinta che i nostri percorsi formativi, universitari e non solo, parlino di qualità e di collegamento con il mondo del lavoro. Un mercato che oggi vive un paradosso: ci sono da un lato molti ragazzi che non studiano e non lavorano e dall’altro tanti posti di lavoro da offrire per i quali non si trovano i lavoratori, i giovani con le competenze necessarie. Quello che mi sento di consigliare agli studenti che qua cercano idee e prospettive è questo: fate la vostra scelta, coltivate i vostri talenti, quello che non potrete fare è stare alla finestra, non giocare la partita. Non c’è nessuna soddisfazione nel non mettersi in gioco, nel non cercare di scrivere non solo la propria storia personale, ma anche un pezzetto di storia del nostro Paese, fatto da uomini e donne che ci hanno creduto e che hanno messo in campo le proprie energie. L’Italia ha tanto da offrire in termini di creatività, di progettualità, di azioni di sistema che ci consentono di proporre un’offerta formativa che possa intercettare le esigenze e coltivare i talenti di tutti. Credo che sia questo il messaggio che può dare un’iniziativa come la vostra, stimolare la curiosità sul futuro e su quello che potrà essere il ruolo di ognuno.
Come stanno cambiando i percorsi di formazione? Anche alla luce della riforma dell’istruzione tecnico-professionale da poco approvata.
Oggi vedo un percorso di studi che non necessariamente deve passare attraverso i canali tradizionali della formazione, che sono quelli universitari. Possiamo contare su di una formazione professionale, di vocazione e derivazione regionale, che offre percorsi formativi di grande qualità. Nel disegno di legge di riforma della scuola abbiamo messo anche un qualcosa in più: chi viene da un percorso di Ifp avrà la possibilità di proseguire gli studi in un ITS oppure nel percorso universitario avendo un riconoscimento, dopo il quadriennio, del percorso fatto e quindi la possibilità di sostenere l’esame di Stato senza dover fare l’anno integrativo. Questo per dire che noi guardiamo alla scuola, ma guardiamo anche al lavoro perché è lì che la scuola deve accompagnare i giovani. Mettere i nostri sforzi al servizio di un progetto di vita, che è un progetto lavorativo, vuol dire individuare quale sarà il nostro ruolo nella società. In questo momento c’è un grande dinamismo, il lavoro c’è, abbiamo solo bisogno di trovare i lavoratori e uno dei temi fondamentali riguarda formazione e riqualificazione: dobbiamo ridurre i tassi di disoccupazione, far crescere il lavoro dei giovani e delle donne, ma aumentando la qualità dei processi e la formazione per le singole figure. Tutte le transizioni in atto, quella digitale, quella ecologica, portano a riflettere su quelli che saranno i nuovi mestieri. Il nostro sforzo, anche grazie alla nuova piattaforma di inclusione sociale e lavorativa, è quello di dare risposte nell’immediato alle esigenze delle aziende, ma anche quello di avere un’idea di futuro cercando di capire quali saranno le professionalità che serviranno al mondo del lavoro fra 5 anni. Il compito di chi ha responsabilità di governo è quello di mettere i giovani nelle condizioni di studiare, qualificarsi e connettersi con il mondo del lavoro. In sicurezza. Stiamo facendo un grande investimento per rendere le nostre scuole e i nostri luoghi di formazione non solo più accoglienti, ma anche più sicuri.
Una problematica, quella della sicurezza, sulla quale ci sentiamo tutti ingaggiati, il prossimo anno, infatti, uno dei temi fondamentali del Salone sarà proprio questo.
 
Mettere al centro dei temi del Salone la sicurezza sul lavoro è un’opera meritoria perché è un tema prioritario. Dobbiamo pensare a un’azione sinergica perché da un lato esiste certamente un complesso di norme valide, ma quello che dobbiamo fare è un richiamo alla cultura della sicurezza, qualcosa che deve attraversare la vita delle persone a 360 gradi, che caratterizza ogni nostra azione. Basti pensare agli incidenti domestici che sono numerosissimi e hanno grosse ricadute sociali. Educare alla sicurezza vuol dire educare a una vita sicura che ci deve portare ad affrontare anche il tema del lavoro come condizione di vita perché lavorare è un diritto e un dovere ma deve essere fatto in sicurezza.
Ministro, ha accennato poco fa alla riforma che avete avviato sulla filiera tecnico-professionale. Un cambiamento epocale. Mi soffermo solo su un dato: in Germania gli iscritti agli istituti corrispondenti agli ITS sono 800mila, in Italia ci fermiamo a 20mila. Quali riflessi avrà concretamente sul mondo del lavoro questa riforma?
Noi ci proponiamo di avere riflessi positivi perché le riforme sono tali se incidono positivamente in quello che è il tessuto economico-sociale di un Paese. Oggi scegliere di frequentare, dopo la maturità, un ITS è un modo lungimirante di guardare a quello che il mondo del lavoro chiederà nel prossimo futuro, anzi sta già chiedendo. I nostri ITS attualmente offrono circa 20mila posti e tutti i ragazzi e le ragazze che si diplomano hanno offerte di lavoro immediate. Il traghettamento verso il lavoro è la parte fondante di questi percorsi. Ma c’è anche chi, dopo il percorso di formazione in ITS, desidera concludere gli studi con la laurea. E si può fare. Credo sia venuto il momento di mettere sullo stesso piano la formazione tradizionale e la formazione tecnica. Veniamo da generazioni convinte che i licei fossero una scelta di serie A, gli istituti tecnici, la seconda scelta e poi, a seguire, i professionali. Non è più così. Questa riforma, valorizzando i contenuti, le competenze e le specificità di ogni percorso, guarda direttamente al mondo del lavoro e alle esigenze delle imprese. Oggi, se avessimo la possibilità di formare il doppio dei meccatronici che escono annualmente, avremmo posti di lavoro per tutti.
Tra i problemi principali del rapporto scuola lavoro, si annovera il mismatch tra formazione e competenze richieste delle imprese: è innegabile che la riforma della scuola tecnica e gli ITS vadano nella direzione di colmare il gap. Altra piccola ma grande cosa su questo terreno è rappresentata dai Pcto, i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento. Come possono rappresentare un modo per accedere alla cultura del lavoro?
I Pcto rappresentano momenti di incontro tra mondi che spesso hanno difficoltà a parlarsi e invece sono sinergici, ossia scuola e lavoro. Credo molto in questi percorsi, vanno arricchiti di qualità ed esperienze reali per offrire un vero contatto con le imprese. Ma sempre in sicurezza. Insisto su questo tasto. Nel decreto 48 che abbiamo approvato a maggio abbiamo posto regole più stringenti sui Pcto, il docente tutor deve verificare puntualmente questo aspetto. Abbiamo intensificato le regole per garantire il rispetto della salute e della sicurezza per i giovani in alternanza. Ma privare i ragazzi di un’esperienza di conoscenza concreta del mondo del lavoro sarebbe penalizzante, continuerebbero a studiare il lavoro sui libri ma non comprenderebbero di che cosa effettivamente si tratta.
Il Salone Nazionale dello Studente quest’anno ha dato ampio spazio al tema dell’educazione finanziaria, un concetto chiave per i giovani che dovranno diventare cittadini competenti. Ministro, un’ultima battuta, come vede il futuro di questi ragazzi e di queste ragazze?
Assolutamente stimolante. Ognuno deve avere la cassetta degli attrezzi per costruirsi il futuro, partendo dal presupposto che non siamo tutti uguali. Ognuno deve coltivare i propri talenti, le proprie aspirazioni, le proprie inclinazioni e poi scegliere. Sono tanti i percorsi a disposizione. Ci sono anche le professioni ordinistiche che ogni anno accolgono tanti giovani che hanno l’aspirazione di dare un contributo al progresso della società. Abbiamo la possibilità di guardare al futuro con realismo, ma anche con sano ottimismo. Dire non c’è lavoro non è corretto, il lavoro c’è e il lavoro si crea, penso ai tanti giovani imprenditori che stanno facendo lavoro. Punteremo molto anche sui percorsi di autoimpiego e autoimprenditorialità. Abbiamo la possibilità di investire in ricerca, in start up innovative. La transizione digitale e quella ecologica ci offriranno tante opportunità, l’importante è saperle cogliere e avere buoni maestri, restare sempre in ascolto e collegati con le realtà della formazione, aver voglia di essere protagonisti.
Ho molto apprezzato la parte sull’educazione finanziaria di questo Salone perché è uno degli elementi fondamentali nella formazione di ragazze e ragazzi perché significa saper essere oculati nella gestione del risparmio, ma anche essere attenti a certe situazioni in cui, magari in buona fede, si rischia di finire, venendo proiettati all’interno di circuiti illegali che si portano via risorse importanti. E significa anche puntare il dito contro falsi miti, non c’è un modo per fare tanti soldi in fretta, ma per costruire un percorso che dia soddisfazione anche sul fronte del reddito, c’è solo una strada: lavorare e lavorare onestamente. Continuando a studiare, perché ogni giorno è importante imparare una cosa in più rispetto a quanto si conosceva il giorno prima.

 

Intervista di Sabrina Miglio