Coordinatrice di Didacta Italia, la fiera che supporta le scuole a 360 gradi, dall’edilizia alle nuove tecnologie, Anna Paola Concia spiega a Campus come sostenere al meglio le nuove generazioni.
Alla Fortezza da Basso di Firenze, Didacta Italia compone la nona: con l’edizione del 20-22 marzo 2024 somma uno “storico” di sette edizioni nazionali e due regionali. Fra le realtà presenti anche Campus il Salone dello Studente, che ha illustrato il suo fitto calendario di eventi di orientamento 2024, in presenza e online, rivolto agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, ai loro genitori e insegnanti.
A colloquio con Campus, Anna Paola Concia ha tracciato un quadro dei problemi dell’odierno sistema scuola e ipotizzato le strade per risolverli.
Anna Paola Concia, anzitutto, forte dei suoi sette anni a Didacta, qual ritiene esserne oggi la mission?
È un evento che unisce formazione e informazione agli insegnanti, con la presenza di tutte le aziende della filiera didattica, dall’editoria, alla tecnologia all’edilizia, e un vasto programma scientifico rivolto ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado. E, per la prima volta, un’area con 20 atenei che orientano gli studenti alle scelte post-diploma. Ci mettiamo a disposizione dell’aggiornamento della scuola italiana, affinché diventi capillare e strutturale in tutto il territorio nazionale e non più a macchia di leopardo.
Che cos’hanno presentato le aziende ai docenti?
Le ultime innovazioni della didattica e degli ambienti di apprendimento, e le metodologie innovative di insegnamento per formare i professori alla scuola del futuro. Che è sempre più lontana dal modello gentiliano di 100 anni fa, puramente nozionistico e trasmissivo, ma è collaborativo e interattivo, con l’obiettivo di valorizzare il protagonismo generazioni completamente diverse dal passato, che usano web e nuove tecnologie per acquisire competenze.
Affrontate anche nodi difficili come lo scarso accostamento delle ragazze alle materie scientifiche Stem, in che modo?
Avvicinandole a queste discipline già da bambine, per esempio facendole assistere a interviste a scienziate che raccontano i loro percorsi. Alle superiori è già tardi, perché l’informazione sulle materie scientifiche deve andare di pari passo con l’abbattimento di stereotipi che, da adolescenti, possono essere già stati introiettati e accettati.
Che ruolo svolgono iniziative come il Salone dello Studente di Campus, che a Didacta illustra il suo calendario di orientamento 2024 ai maturandi?
Sono un valore aggiunto perché colmano lacune nazionali, anche istituzionali, e supportano gli studenti della scuola secondaria di secondo grado a partire dall’ultimo triennio. Sono eventi che in poco tempo offrono uno sguardo complessivo sulla vastità delle chance formative specialistiche post-diploma, consentendo agli studenti un dialogo diretto coi counselor di università, accademie e Its, inducendoli a non posticipare fasi di riflessione e di scelta al futuro che vanno forgiate coi giusti tempi. Vanno forse rafforzate con una maggiore formazione all’orientamento per i docenti, perché sono loro gli interlocutori che i giovanissimi trovano in classe ogni giorno.
Nonostante i progressi didattici, incluso l’impiego di nuove tecnologie, l’orientamento non evita gli abbandoni scolastici, come mai?
Perché inizia troppo tardi. In Germania, per esempio, comincia subito dopo i 10 anni, perché i processi decisionali dei giovani vanno forgiati gradualmente nel tempo. Inoltre, fino a poco tempo fa l’orientamento nella scuola italiana veniva svolto quasi solo dall’insegnante della materia prevalente. Ora si va verso un lavoro più collegiale, che coinvolge più docenti e ricorre a metodologie scientifiche. La creazione del ruolo di docente orientatore da parte del ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, dovrebbe migliorare la situazione, a patto di accelerarne la formazione.
Gli Its Academy invitano a intraprendere percorsi professionali scientifici dopo la maturità, ma i loro iscritti sono meno di 30mila, perché?
I Paesi che più hanno sviluppato la formazione tecnico-professionale terziaria, come Francia e Germania, hanno iniziato decenni prima, e si avvalgono di modelli ormai collaudati. In Germania questi istituti prevedono una strettissima collaborazione tra scuola e impresa, coinvolgono il ministero dell’economia oltre a quello dell’istruzione, la collaborazione di sindacati e associazioni di categoria e la governance diretta delle Camere di commercio, che costruiscono curricula e profili professionali, attualmente circa 350, e li aggiornano di anno in anno.
Nel nostro Paese siamo partiti molto più tardi, però stiamo recuperando. La formula del 4+2 (scuola secondaria+Its), introdotta dal ministero dell’istruzione e del merito, connettendo scuola e impresa nella costruzione dei percorsi professionali, potrebbe accelerarne lo sviluppo, trasformando gli Its in autentici campus e focalizzandone la formazione su materie cardine come italiano, matematica e inglese.
In Italia permane però una certa resistenza verso i percorsi post-diploma professionalizzanti, come superarla?
Per esempio, ricordando che il modello della formazione terziaria specialistica, in Germania, ha ridotto la disoccupazione giovanile al 6%. E che in Italia le Pmi, le piccole e medie imprese, sono alla ricerca di centinaia di migliaia di persone con competenze specifiche che sul mercato del lavoro attuale faticano a trovare. Competenze alle quali i giovani dovrebbero guardare per creare migliori opportunità anzitutto per il loro stesso futuro.
Ottaviano Nenti
Approfondimenti sui temi dell’orientamento scolastico e sulla fiera dell’innovazione Didacta sono presenti sul numero 67 di Italia Oggi (inserto Azienda Scuola) di martedì 19 marzo 2024 e sui numeri successivi (www.italiaoggi.it)