Il bisogno di orientamento

Il termine “orientamento” dal punto di vista etimologico è da riconnettere al latino oriens che significa “oriente, che sorge”, in quanto participio presente del verbo orior (sorgere).

In particolare, nel contesto dell’attività scolastica o lavorativa, assume il significato di “aiutare una persona, o un gruppo, ad affrontare un processo decisionale per giungere ad una scelta” (Peirone, 2005) e “orientare vuol dire indicare tra le vie percorribili, quella che è più conveniente per raggiungere una determinata meta”
(Viglietti, 1989). Più per abitudine che per una reale demarcazione sostanziale l’orientamento è sempre stato classificato con gli aggettivi “scolastico” e “professionale” con riferimento a momenti specifici e caratteristici dal punto di vista dell’intervento. Si è identificato pertanto l’orientamento scolastico come attività finalizzata ad un aiuto nell’ambito sia della scelta che della buona riuscita del percorso scolastico, mentre l’orientamento professionale come un’attività in termini di aiuto e di assistenza al soggetto nella fase della ricerca del lavoro finalizzata al conseguimento di risultati professionali maggiormente gratificanti. In realtà, soffermandosi a porre la giusta attenzione da un punto di vista definitorio, tale distinzione è del tutto teorica perché l’orientamento è di fatto un continuum che investe l’intero arco della vita del soggetto.
Questo risultava già evidente nella citatissima Raccomandazione conclusiva del Congresso dell’Unesco (Bratislava, 1970): ”Orientare significa porre l’individuo in grado di prendere coscienza di sé e di progredire, con i suoi studi e la professione, in relazione alle mutevoli esigenze della vita, con il duplice scopo di contribuire al progresso della società e di raggiungere il pieno sviluppo della persona umana”. (1)

 

 

Tale definizione risulta tuttora valida ma il quadro di sfondo si è fatto assai più complesso e in continua evoluzione: si pensi alle trasformazioni dei vari ambiti scientifico-tecnologici, all’affermarsi dell’economia globale, al diffondersi della formazione continua in risposta alle rapide modificazioni del mercato del lavoro e della qualità del lavoro. I suddetti mutamenti tratteggiano un panorama di mobilità e flessibilità che non può non influenzare le scelte professionali dei giovani o la ricollocazione nel mercato del lavoro di chi viene a trovarsi obsoleto nelle sue competenze professionali. Questa situazione ha portato a ripensare l’orientamento nell’ottica di una maggiore attenzione ai mutati bisogni delle persone e ormai sarebbe preferibile parlare di orientamento personale legato ai diversi ambiti di sviluppo e crescita della persona, superando la dicotomia di orientamento scolastico o professionale che non favorisce un’azione di raccordo ma anzi spesso crea confusione tra competenze degli erogatori di servizio e disorientamento nell’utenza. E’ certamente cresciuta la domanda di orientamento e si sono moltiplicati i riferimenti e le agenzie di orientamento sia sul piano pubblico che sul piano privato; si sono incrementate le iniziative e le istituzioni ad ogni livello sono divenute maggiormente sensibili ed interessate alle problematiche orientative.
Ma il bisogno di orientamento non sempre ha portato a risposte adeguate e dunque ci si potrebbe domandare quale tipo di orientamento si è affermato e viene offerto ai giovani o più in generale ai cittadini che lo richiedono.
L’Italia presenta, per quanto concerne la normativa, sue particolarità rispetto ad altri Paesi. In sintesi si può affermare che, mentre nel resto dell’Unione Europea l’orientamento è diventato a tutti gli effetti un’azione traversale dei nuovi programmi comunitari per sostenere le scelte formative e lavorative delle persone, il nostro paese parte da un quadro d’insieme frazionato, disciplinarmente ed istituzionalmente scoordinato.
(2)

Sebbene in Italia vi siano diverse norme che prevedano attività di orientamento si può riscontrare una carenza comunicativa tra le istituzioni che gestiscono tale attività. Questa mancanza di integrazione e collaborazione causa problemi sia alle istituzioni che si occupano di tale servizio, sia ai clienti che ne usufruiscono con il rischio di un effetto flipper per cui il soggetto viene continuamente rimandato ad altre strutture salvo alla fine ritornare da dove aveva iniziato. Da tempo lo si afferma ma resta ancora un bisogno da assolvere: occorre creare una rete di consenso dei diversi soggetti coinvolti in azioni orientative ed un coordinamento garantito perlomeno a livello locale di interventi. (3)
Nel rispetto dell’iniziativa individuale non è importante che siano strutture pubbliche o centri privati ad occupare lo spazio di consulenza orientativa quanto che il servizio sia offerto con continuità, costi accessibili se non in forma gratuita, che le figure professionali utilizzate siano adeguatamente preparate, non improvvisate e soprattutto super partes.
Un’azione dunque coordinata che operi con strategie aggressive ed efficaci in accordo con i punti da tempo suggeriti dalla Commissione europea nel Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente (Lisbona, 2000) secondo cui:

  •  l’orientamento deve fornire un servizio accessibile a tutti in maniera continua e decentrata con un
    approccio integrato che supera la distinzione fra i “tanti” orientamenti;
  •  i servizi di orientamento devono raggiungere le persone piuttosto che aspettare che siano i clienti a
    cercare i servizi;
  • gli operatori sono dei facilitatori del cambiamento individuale attraverso l’uso di un ampio ventaglio di
    metodi e strumenti;
  • si deve sviluppare un livello minimo condiviso di standard di qualità e riconoscere la titolarità ad esercitare un servizio, dando un supporto alla formazione degli operatori.

In attesa di veder compiutamente realizzate queste raccomandazioni il territorio privilegiato dove si svolge principalmente l’azione di orientamento resta la Scuola: nel sistema scolastico debbono passare e permanere per molti anni tutti i giovani per un monte ore di almeno circa 1.000 ore in ciascun anno, monte ore assai rilevante per la vita di un soggetto. Ne consegue, parafrasando un assioma della comunicazione, che la Scuola non può non orientare.

 

 

(1) Il termine inglese corrispondente ad ORIENTAMENTO è GUIDANCE mentre il termine ORIENTEERING identifica un’attività educativo/sportiva nata in Scandinavia e diffusa ormai in tutto il mondo.
(2) Sul piano normativo rimane la distinzione tra Orientamento Scolastico di competenza del MIUR, in alcune legislature ulteriormente suddiviso tra Ministero della Pubblica Istruzione e Ministero dell’Università, ed
Orientamento Professionale di competenza del Ministero del Lavoro ed ultimamente demandato ai Centri per l’impiego provinciali. Le Regioni hanno ulteriormente legiferato con protocolli di intesa e leggi regionali
ed il panorama nazionale risulta assai variegato.
(3) L’autore è stato Direttore per 25 anni della fondazione Centro di orientamento scolastico e professionale di Alessandria, un mix pubblico/privato costituito da 19 Enti fondatori che ha operato sul territorio provinciale con un’azione integrata tra soggetti e continuità di servizi offerti.