L’orientamento come strumento strategico

Così come viene auspicata un’integrazione tra i concetti di orientamento scolastico e orientamento professionale altrettanto si sente il bisogno di equilibrare l’orientamento di tipo informativo con quello formativo indipendentemente dal tipo di utenza a cui viene rivolto. Anche se i giovani che si apprestano ad entrare nella vita attiva continuano ad essere i soggetti principali dell’azione orientativa, le trasformazioni delle attività produttive richiedono ad un numero sempre maggiore di persone cambiamenti e riconversioni lavorative ricorrenti. In una società complessa e in continua trasformazione le professioni segnano rapide modificazioni: nascono nuovi lavori, alcuni scompaiono, altri subiscono profonde revisioni. Si sente affermare che su tre lavori richiesti in un prossimo futuro, due non esistono ancora.
In un panorama di questo tipo l’azione orientativa, articolata a più livelli e permanente, si pone come l’unica modalità di intervento che consente all’individuo di rimanere al passo con la società che si evolve e si trasforma, preservando nel contempo la soddisfazione dei bisogni e delle aspettative soggettive. Solo una continua attività di orientamento da considerare strumento strategico può aiutare a sostenere le sfide ed affrontare i cambiamenti.

Sulla scia di questi cambiamenti, anche l’orientamento va ripensato nell’ottica di accompagnare le persone in questo viaggio individuale attraverso la vita, motivandole, fornendo loro informazioni pertinenti e facilitandone le scelte. Dunque non solo un orientamento ai percorsi formativi e non solo per gli studenti.
Il ruolo dell’orientatore è di sfruttare e adeguare una vasta gamma di informazioni che saranno d’aiuto al soggetto nella scelta della via da seguire e in questo senso le fonti d’informazione e la enorme potenzialità del web aprono nuovi orizzonti che migliorano la gamma e la qualità dei servizi di orientamento.
Semmai il bisogno, anche qui, è di mettere ordine nella quantità del materiale esistente e questo vale per gli
orientandi come per gli orientatori.

Tra i tanti materiali a disposizione (1) e troppo presto dimenticati, conseguenza della enormità di dati che investe oggi qualunque professionista, pare utile ricordare le aree di intervento formativo del futuro “cittadino orientato” (2) che ampliano i campi di azione dell’orientamento spesso considerato in senso riduttivo e costituiscono un’ottima base di lavoro per il “mediatore” nell’accezione di Feuerstein sia esso genitore, docente o counselor di orientamento.

Indipendentemente dalle contingenze che possono consentire o meno la piena realizzazione delle azioni suggerite nelle aree del “cittadino orientato”, risultano evidenti due considerazioni.
La prima è che l’azione di orientamento non è demandata soltanto alla Scuola, pur attore privilegiato, ma coinvolge indiscutibilmente il setting famigliare nel suo ruolo educativo. Ultimamente questo si sente il bisogno di ricordarlo sempre più spesso da parte dei docenti per evitare che la Scuola venga caricata di qualsivoglia responsabilità, e quindi subire accuse e vivere complessi di colpa, su aspetti che non competono completamente al ruolo dell’insegnante per quanto anche educatore.
La seconda considerazione è che l’orientamento non dovrebbe essere concentrato in brevi periodi temporali, di
solito in terza Media o quinta Superiore, ma potrebbe e dovrebbe iniziare assai prima, addirittura nelle scuole
Elementari, e svilupparsi non soltanto “in uscita” ma anche “in entrata” e “durante” gli anni scolastici. L’affermazione è ampiamente condivisa ma viene da chiedersi quanto sia in realtà concretizzata: si potrebbe affermare che ormai sono tutti credenti ma ancora poco praticanti.

Uno dei nodi cruciale del fare orientamento a Scuola resta infatti la possibilità di occuparsi seriamente di orientamento con tempi, mezzi, risorse e magari gratificazioni adeguate.
L’orientamento resta un optional, un di più e comunque un carico aggiuntivo alla normale attività del docente
“referente” che non viene sollevato in alcun modo dal suo impegno quotidiano per poter seriamente occuparsi di quanto sarebbe necessario. E così si resta ad un orientamento terminale, spesso di pura informazione che non risolve il vero bisogno di ascolto da parte degli studenti.

Conforta sentire in incontri e Convegni sull’orientamento (3) testimonianze di eccellenti esperienze che
dimostrano come nonostante tutto si possa affermare che la Scuola ed i docenti abbiano “salvato” finora l’orientamento impegnandosi e surrogando carenze. Naturalmente a sperare solo sull’entusiasmo e l’iniziativa personale si corrono dei rischi.
Ma al di fuori della scuola il principio dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, affermazione data forse per assunta ancor prima di essere applicata, rende l’orientamento una necessità alla luce di epocali cambiamenti della società in cui viviamo quali:

  •  Il superamento del paradigma classico tra tempo di studio/formazione e tempo di lavoro;
  •  Lo spostamento del focus da “insegnamento” a “strategia di apprendimento e decisione” (4);
  • L’ orientamento non solo come supporto nelle fasi critiche della scelta e della transizione, ma come strumento di sviluppo di conoscenze, capacità ed abilità personali.

Analizzando il termine orientamento non tanto come processo socio-psicologico che il soggetto mette in atto per affrontare in modo attivo il proprio problema scolastico o lavorativo, quanto l’intervento professionale realizzato dagli operatori per supportare l’individuo in questo processo si può affermare che lo scopo dell’intervento, al di là degli strumenti che si utilizzano per portarlo a termine, è necessariamente formativo. L’azione orientativa deve essere finalizzata a sviluppare nell’individuo un insieme di competenze che lo metteranno in grado di auto orientarsi, cioè di gestire la propria vita personale e professionale con
libertà e responsabilità progettuale. Probabilmente si è giunti ad un livello di consapevolezza e di consenso tra gli operatori di orientamento su tale concetto che non varrebbe la pena neppure ricordarlo se non occorresse affrontare il problema di quanto questa azione si incrocia nella quotidianità con le difficoltà ed i bisogni di un orientamento vissuto più come trasmissione di informazione, che vuole dire a volte sopravvivenza, insomma un orientamento “promozionale e di marketing” pur nell’accezione più corretta e rispettosa.

Chiunque operi all’interno di istituzioni scolastiche ha vissuto la crescita esponenziale negli ultimi anni di “informazioni” orientative” ricevute a scuola da altre istituzioni che hanno però rischiato di portare, anche in considerazione del tempo orario impegnato, ad esaurire l’azione di orientamento soprattutto in uscita con
pure attività di incontri, conferenze, saloni di orientamento, open day , distribuzione di materiali cartacei e quant’altro.

Su questo tipo di orientamento informativo, pensando al passato ed in particolare al momento della scelta dell’Università, si è davvero migliorato molto. Chi opera in Centri di orientamento esterni alla Scuola ha osservato negli anni un crollo del bisogno di informazioni da parte dell’utenza spesso già ben informata mentre resta invariato per non dire accresciuto il bisogno di “capire chi sono e cosa voglio e posso fare”.
Il centro del dilemma, the heart of the heart, come direbbe Amleto, resta il dubbio tra cuore o ragione, tra Sogno o Bisogno, ciò che si desidera o ciò che è meglio fare.

Ma se è difficile a volte capire cosa si vuol fare diventa quasi impossibile anticipare quello che servirà.

Qui opera l’orientatore, dentro o fuori la scuola, ed in attesa di un’offerta più articolata ed istituzionalmente
strutturata il docente che ha seguito negli anni lo studente resta quello che non solo può dire di conoscerlo negli aspetti di potenzialità ed interessi scolastici ma rimane anche il più significativo, affidabile e “neutrale” nei suggerimenti di orientamento: non ha alcun interesse di convenienza ed è fuori dai condizionamenti emotivi dei genitori (5). Il Docente referente di orientamento è il vero consulente per il soggetto e la famiglia, oggettivo, sincero e persino gratuito! Ma sarebbe sbagliato liquidare l’Orientamento informativo, o meglio l’orientamento alla conoscenza delle informazioni, come secondario e meno nobile ed anche in questo vi è necessità di un’educazione: ormai la enorme quantità di dati a disposizione richiede a monte un’azione di
aiuto perché non a maggior chiarezze ma a maggior disorientamento portano troppe informazioni.

Internet rende inutile la persona dell’ orientatore? La scelta si risolve on line? Tutt’altro!

Diventa anzi fondamentale una prima azione educativa di avvicinamento, capacità di ascolto, raccolta dei dati e soprattutto di lettura critica nella loro valutazione. Occorre insegnare la distinzione tra le categorie aristoteliche dei “dati” e quella delle “opinioni”, perché nel campo dell’orientamento abbondano le seconde, i suggerimenti ed i consigli esterni ma una decisione corretta su fonda sulla prima, cioè sui dati certi. I ragazzi, presto esperti di tecnologie informatiche, abili nel multitasking, supertecnologici, si perdono nel trovare le soluzioni alle loro domande, anche limitandoci a quelle legate ai puri dati informativi. E’ significativa una indagine che indica come seguendo 100 persone collegate ad Internet, dopo un’ora si rileva che il 70% di loro non ricorda neppure esattamente cosa si era messo a cercare, sta navigando in tutt’altri mari e comunque non ha trovato quello che cercava. Solo un 30% non si è perso, non ha rinunciato, ha insistito e ha trovato la risposta e dunque nel web, che è il mondo a portata di mano, ci sono forse le risposte a molte domande, comunque non tutte e non quelle più esistenziali, ma non è facili arrivarci.

Sulle strategie vincenti come la pazienza, il metodo, la testardaggine, l’attenzione e la precisione comincia ad
operare l’orientatore che, moderno tutore e pedagogista della conoscenza, aiuta a costruire il primo vero sapere del cittadino moderno: la capacità di ricerca autonoma delle informazioni. Così il nostro orientamento si siede a tavolino, accende il computer (che non è fondamentale), predispone la mente ed il cuore all’ascolto del cliente nei suoi sogni e bisogni e lo salverà se saprà insegnargli a porre le domande giuste e capire il problema più che a cercare subito le risposte sicure.

 

(1) Un buon riferimento è il Centro per le Transizioni al Lavoro e nel Lavoro sorto nell’aprile 1996 da un accordo fra Facoltà di Psicologia dell’Università di Bologna e Provincia di Forlì-Cesena e Comune di Cesena conosciuto come Sussidioteca di Cesena che raccoglie materiale didattico e metodologico sull’orientamento all’interno di uno spazio per la formazione e l’autoaggiornamento degli operatori, nel quale è possibile prendere visione di sussidi orientativi difficilmente reperibili al di fuori dell’ambito territoriale di produzione.
(2) “Progetto orientamento”, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale dell’istruzione Secondaria di 1° grado, 1998, vol. 1 “La Formazione orientativa”, pagg. 53-55
(3) Si cita per tutti il Convegno MIUR “Verso il futuro: la cultura della scelta” ( Lecce, marzo 2012) in attuazione del progetto ministeriale “PONTE” sulla continuità tra Scuola Superiore ed Università, che ha offerto una testimonianza di eccellenze nella scuola superiore di molte Regioni italiane per ridurre la dispersione universitaria attraverso la progettazione di percorsi orientativi condivisi e certificati.
(4) Al concetto di decision making la Decisione unica e definitiva si tende oggi a sostituire quello di decision shifting inteso come una prima scelta che “sposta” più in là un’altra scelta che rimanderà ad altra e così via. Si
pensi alla struttura dell’Università articolata su snodi successivi rispetto al percorso unico di un tempo
(5) La scelta del percorso di studi dipende da diversi fattori: le attitudini e preferenze, la dislocazione territoriale delle diverse scuole, ecc. Tra questi un ruolo rilevante lo gioca il contesto famigliare d’origine, la classe d’appartenenza, il titolo di studi e la categoria occupazionale dei genitori o altri parenti; la scelta universitaria appare collegata anche a fattori intenzionali, come le aspirazioni, riguardanti il tipo di professione, in conseguenza al livello di reddito che si vorrebbe raggiungere. Un gran numero d’interessati tiene in considerazione il parere dei genitori ed i loro consigli, in modo minore la loro scelta è influenzata dagli insegnanti e per ultimo hanno decisamente importanza minore il consiglio o l’esempio di amici e adulti estranei al nucleo.