Alla luce delle riflessioni esposte è auspicabile una didattica rinnovata anche per le azioni orientative che potrebbero far tesoro delle indicazioni metodologiche proprie dei nuovi fenomeni innovativi. Non è possibile infatti un’azione incisiva e coordinata per l’efficienza dei processi e l’efficacia dei risultati che non adotti un minimo di logica programmatoria comprendente la progettazione, la programmazione di obiettivi, strumenti, risorse, tempi, limiti, verifiche e valutazioni.
Allora l’azione didattica può adottare indicazioni operative sia nella forma di percorsi impliciti di orientamento nell’azione del “fare scuola tutti i giorni” attraverso l’uso aggiornato e intelligente delle discipline, sia con percorsi espliciti di orientamento attraverso l’organizzazione di percorsi specifici, finalizzati ai momenti di scelte, di transizione, da un ciclo all’altro degli studi, da una fase di studio all’ingresso nel lavoro, da una situazione lavorativa all’altra.
Entrambi i percorsi possono concorrere ad organizzare una vera relazione di aiuto e una serie di risposte alle domande di fondo che ritmano l’essenza dell’adolescente e dell’uomo in genere: chi sono? dove vivo? con chi vivo?cosa sto facendo? chi sarò? cosa faro’? Aggiungendo a questi interrogativi di sempre, quelli più attuali e cioè:
E’ opportuno sottolineare l’importanza dell’atteggiamento che resta peculiare del mondo scolastico e lo differenzia dall’accoglienza, o perlomeno dalla “percezione” di accoglienza, che sarà riservata ai giovani da parte del mondo del lavoro: il senso di aiuto ed appoggio disinteressato.
La Scuola è comunque e sempre dalla loro parte e fa di tutto per aiutarli a costruire con fiducia un progetto di vita. In un momento storico contingente nel quale per le giovani generazioni ci sono poche cose sicure e quelle sicure non sembrano affatto positive, in un momento in cui come afferma Galimberti (1)non c’è più certezza sul futuro ed un giovane è scoraggiato dal fare progetti spostando tutto su una contrattazione presente riferita ad un premio rispetto ad una prestazione, il compito dell’orientamento è prima di tutto recuperare fiducia sul futuro e sulla progettualità.
L’unica strategia di orientamento possibile sembra suggerire di lavorare su due concetti/comportamento: la gestione dell’incertezza e la stima di sé legata a ciò che Bandura chiama self efficacy (2).
Sul primo aspetto, nel quale i docenti sono diventati negli ultimi tempi essi stessi degli esperti, i giovani vivono un mondo affatto nuovo rispetto alla possibilità di previsioni future che avevano i loro genitori. Le decisioni hanno spesso a che fare con esiti non prevedibili ed è inevitabile ragionare in termini di incertezza quando ci si riferisce a situazioni in cui l’individuo conosce gli esiti della scelta ma è all’oscuro delle probabilità di successo legate ai diversi esiti.
Il problema dell’incertezza è centrale nello studio dei processi decisionali e nel campo dell’orientamento le conseguenze delle scelte si prolungano nel futuro e paiono, anche se non è del tutto vero, irrevocabili e decisive.
Molte ricerche indicano come oggi i giovani sembrano più fragili psichicamente per affrontare scelte che impegnano e legano il proprio futuro: hanno paura di sbagliare, non sann adattarsi a situazioni non preventivabili e con esiti e forme non secondo le proprie aspettative. Sono assai più sicuri sull’immediato, anche rischioso come la guida spericolata o forme di droghe ed alcool, considerato controllabile e reversibile piuttosto che sulle scelte definitive come ad esempio il tipo e la sede di Laurea.
Ruolo del consulente di orientamento, che lo differenzia dal collocatore o dallo studioso di cambiamenti sociali ed economici, è facilitare negli individui la condivisione dell’incertezza e l’accettazione dei cambiamenti senza un’attesa fatalistica e pessimistica degli stessi.
Un proverbio olandese afferma che di fronte alla violenza degli uragani alcuni costruiscono dighe mentre altri costruiscono mulini, alcuni cioè si difendono mentre altri sanno utilizzare a proprio vantaggio un evento apparentemente negativo.
Secondo la teoria della Casualità Pianificata (Krumboltz, 1996) (3) gli eventi inaspettati non solo sono inevitabili ma sarebbe meglio considerarli desiderabili ( che pena sarebbe conoscere il proprio futuro !) e di conseguenza positivi.
L’accento viene posto sull’esplorazione consapevole delle nuove situazioni che possono generare diversi punti di vista e stimolare risposte efficaci: ciò che conta è produrre occasioni che migliorano la qualità della vita e saperle cogliere. L’obiettivo degli interventi basati sulla teoria della Casualità Pianificata, interessante riferimento per gli orientatori, è aiutare la persona a generare, riconoscere ed incorporare gli eventi casuali nello sviluppo della sua carriera.
Le cinque competenze che concorrono al successo sono :
La capacità di affrontare con grinta ed energia gli eventi presuppone nel soggetto una dose di autostima, componente di base per la costruzione di qualunque progetto.
Nel corso della carriera professionale la motivazione al successo dipende in buona misura da un livello di autostima soddisfacente e nello stesso tempo realistico. L’obiettivo primario dell’orientamento è rappresentato dal promuovere una definizione dell’immagine di sé del soggetto aiutandolo ad individuare gli aspetti positivi, le risorse, le capacità che ha dimostrato e dovrebbe riuscire a riattivare nella situazione presente o futura. Naturalmente la Scuola dovrebbe avere su questo terreno come primo alleato la Famiglia ma paradossalmente proprio per il carico di coinvolgimento emotivo che quest’ultima riversa sui figli non è sempre così scontato.
I genitori hanno un’influenza carica di significato e talora anche di tensioni e pressioni sull’orientamento dei figli e sulla loro maturazione professionale. Le loro attese, le ambizioni, i loro desideri e progetti possono non solo condizionare le scelte e la decisione professionale, ma anche rallentare o bloccare il lento processo di maturazione professionale e di pianificazione del futuro dei figli. Il compito principale della famiglia è quello di svolgere un’opera di sostegno nel preparare il figlio alla scelta del proprio avvenire ma forse la prima difficoltà è adeguarsi ai cambiamenti continui ed alle nuove esigenze del mondo del lavoro, prima fra tutte il concetto di occasione di lavoro anziché posto di lavoro.
Occorre però dire che per il docente, magari appena considerato dallo studente nella veste di valutatore severo in una situazione scolastica, non è facile trasformarsi con una giravolta in consulente di orientamento che invita all’autostima, alla fiducia, a pensare “in grande” e offre uno scambio empatico e rogersiano. Diverso sarebbe se il docente referente di orientamento fosse distaccato dall’insegnamento e non solo per il maggior tempo a disposizione quanto per la veste di “neutralità” con la quale sarebbe considerato dagli studenti, ma poterlo utilizzare con questa modalità questo resta al momento un sogno per i Dirigenti scolastici.
Alleato della Scuola nelle azioni di orientamento potrebbe essere la Psicologia in quanto scienza ed in quanto figura professionali e da tempo si è fatta strada la consapevolezza dell’utilità del suo supporto alla Scuola: forse non ancora un bisogno ma comunque un desiderio (4).
Il contributo della Psicologia nel campo dell’orientamento potrebbe essere assai ricco ed articolato, ben oltre una semplice applicazione di test o questionari per la valutazione delle potenzialità.
Un’azione di orientamento programmata dovrebbe portare ad un avvicinamento alla scelta da effettuare al termine del ciclo di studi, sia terza media che quinta superiore, con (almeno) il penultimo anno dedicato alla conoscenza del sé dedicando l’ultimo anno alla raccolta delle informazioni. Temi di approfondimento psicologico possono essere molteplici: l’analisi degli stili cognitivi (5) che caratterizzano l’approccio del soggetto alla conoscenza delle informazioni e quindi alla scelta, la riflessione sullo stile di attribuzione (locus of control di Rotter (6)) per far comprendere quanto gli accadimenti vengono valutati come fatalistici o conseguenti alle proprie azioni, le riflessioni del Costruttivismo e l’analisi sulle distorsioni cognitive che selezionano la oggettiva comprensione dei dati, la valutazione del proprio stile di comunicazione trattando il tema dell’assertività come equilibrio tra la comunicazione passiva ed quella aggressiva.
Su questo ed altro si potrebbero offrire dei seminari o laboratori pomeridiani ed alcune esperienze realizzate ne hanno dimostrano l’utilità.
Altresì meritano di essere menzionate esperienze di bervi corsi residenziali, nella forma di giornate full time offerti a studenti di scuola superiore, con relazioni, laboratori, colloqui individuali chiamando esperti esterni sempre alla presenza dei docenti di classe. Anche in questo caso si può essere certi dal grado di apprezzamento che riceverebbero da parte degli studenti.
Sembra opportuna, mentre si moltiplicano i discorsi ed i convegni sull’Orientamento, una riflessione sulla formazione al ruolo di orientatore inteso come esperto che va oltre il semplice volontario e generoso aiuto di chi offre consigli.
Svolgere azione di orientamento, nella scuola o altrove, significa essere sostenuti da una formazione continua e da strumenti operativi come accade per gli altri professionisti.
E’ un ruolo affascinante e molto gratificante, ma nel quale si possono fare anche parecchi danni!
Molteplici sono stati i tentativi di definire i campi di azione e le diverse sfaccettature del ruolo dell’orientatore senza ancora giungere ad una formazione istituzionale né tantomeno ad una certificazione delle competenze di orientamento (7).
Nella scuola si rincorrono le denominazioni, ma resta l’impressione che coloro che si occupano di orientamento svolgono opera meritoria nonostante la poca formazione istituzionale ricevuta se non quella autonomamente voluta e praticata, quindi hanno la prudenza consapevole delle persone serie che non desiderano avventurare in territori sconosciuti anche se ritenuti importanti. Ed ecco che si privilegia, come detto, un orientamento più informativo, centrato sui materiali di presentazione dei diversi percorsi formativi, sugli incontri con esperti esterni, sui saloni di orientamento, tutte iniziative più tranquillizzante e meno “coinvolgenti”.
Non manca certamente la consapevolezza che la vera relazione d’aiuto di cui si nutre l’orientamento si basa sul colloquio individuale e la consulenza psicologica e allora possiamo augurare all’orientatore che si senta più rassicurato se intende offrirla, che sia formato in contesti istituzionali riconosciuti abbandonando la miriade di occasioni formative anche di buon livello ma spesso episodiche e disomogenee e che ottenga una certificazione della formazione ricevuta spendibile per l’assunzione di incarichi di orientamento.
Quando un orientatore senior incontra un giovane che desidera diventare lui stesso orientatore e si mostra interessato a svolgere questa meravigliosa professione ci si trova in imbarazzo nello spiegare che tra le tante proposte di offerte formative universitarie non esiste ancora un corso di Laurea dedicato espressamente all’orientamento e che negli ultimi anni sono solo apparsi e altrettanto rapidamente scomparsi alcuni Master di orientamento.
Completando il panorama dei bisogni avvertiti da chi svolge azioni di orientamento si può infine considerare che sarebbe utile un minimo comune di materiali a disposizione dei docenti o dei consulenti, una kit di schede e di strumenti diagnostici non banali per la valutazione di interessi e potenzialità che non coincidono come è ben noto con i risultati scolastici (8). I confronti internazionali con colleghi d’oltralpe segnalano che mentre altri hanno una buona dotazione di materiali da noi si rimane ad un fai da te disdicevole per non dire a volte pericoloso.
Senza enfatizzare lo “strumento” è indubbio che la raccolta di informazioni limitata alla osservazione soggettiva comporta tutti i limiti ampiamente analizzati dagli studi sulla percezione, né si può ritenere oggettiva e priva di rischio una osservazione solo perché prolungata nel tempo in quanto è nota la tendenza a rinforzare le opinioni assunte selezionando i dati che le confermano.
Dunque un buon questionario di Interessi adatto all’età del decisore ed una batteria di test non valutativi né clinici ma espressamente studiati per le aree di indagine orientativa evidenziate in precedenza, non sarebbe inutile né sgradito agli operatori di orientamento. Se ne parla da tempo e se ne sente il bisogno.
E’ finito il periodo delle sperimentazioni (lo si è già sentito dire troppe volte) e occorre far tesoro delle eccellenze diffondendole e mettendole a regime: i nostri giovani hanno bisogno di un’azione capillare e diffusa di sostegno alle decisioni ed alla transizione e soprattutto hanno bisogno che si passi dai bei proponimenti e dalle indicazioni di principio alle azioni concrete.
Di questi tempi non si stanno offrendo molte opportunità ai giovani, che sia almeno possibile offrire un orientamento per tutti in quanto diritto alla costruzione di un progetto di vita e che ciò si realizzi senza restare un sogno.
La Scuola se ne sta facendo carico, anche se purtroppo sempre più spesso da sola e con pochi mezzi, ma almeno ci prova e lo crede possibile assumendo come motto nel suo agire quotidiano il fiducioso passo di Borges:
Nessuno è il sale della terra. Nessuno in qualche momento della sua vita, non lo è.
NOTE
(1) Galimberti,U., I miti del nostro tempo, Milano, Feltrinelli, 2009
(2) Bandura,A., Il senso di autoefficacia, Trento, Erickson, 1996
(3) Riferimento alla teoria della casualità pianificata in: ISFOL, Maturare per orientarsi.Viaggio nel mondo dell’orientamento formativo, Milano, Franco Angeli, 2003
(4) L’Ordine nazionale degli Psicologi ha proposto, sino ad ora senza esito, a diversi Governi la possibilità di offrire alla Scuola un servizio di Psicologia, affidandone gli aspetti finanziari a carico delle Regioni.
(5) Cornoldi C., De Beni R., Imparare a studiare 2. Strategie, stili cognitivi, metacognizioni e atteggiamento nello studio, 2002, Trento, Centro studi Erickson.
(6) Rotter J.B., Generalized expectancies for internal versus externalcontrol of reinforcement, 1966, New York, Psychological Monographs,
General and Applied, 80, 1
(7) L’ISFOL ha proposto una classificazione su quattro figure professionali: Operatore dell’informazione orientativa con funzioni di accoglienza e filtro, erogazione di informazioni, attività per favorire l’apprendimento di abilità sociali quali, ad esempio, le tecniche di ricerca del lavoro. Tecnico dell’orientamento funzioni di accompagnamento in itinere (tutorato/monitoraggio orientativo) nei percorsi di scolarizzazione, di formazione, di ricerca di lavoro, di inserimento lavorativo ecc.). Consulente di orientamento, funzione di supporto dei processi decisionali in corrispondenza delle scelte scolastico-formative e della maturazione di progetti professionali verso il lavoro o sul lavoro. Analista di politiche e servizi di orientamento, funzioni di assistenza tecnica alle istituzioni e ai sistemi nella fase di definizione delle politiche di orientamento, promozione e sviluppo delle reti territoriali, progettazione di interventi e analisi dei fabbisogni di formazione/aggiornamento degli operatori, consulenza alla gestione/pianificazione delle risorse economiche per interventi di orientamento, verifica, valutazione e monitoraggio degli interventi.
(8) Vari Enti propongono strumenti psicodiagnostici: prescindendo dai costi non sempre si tratta di materiali a disposizione degli insegnanti ma a volte solo di Psicologi e soprattutto non molti sono costruiti per l’orientamento quanto piuttosto per una analisi di tipo clinico.