Applicazioni e tecnologia in quarantena

Come e chi aiuta la tecnologia digitale? 

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ci ha fin da subito messo di fronte al fatto che gli strumenti tecnologici che abbiamo a disposizione avrebbero avuto un ruolo fondamentale.

C’è chi ha scherzato immaginando questo periodo di isolamento solo 15 o 20 anni fa, con terrore quasi. C’è chi ha lamentato invece l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione, chi ha tentato di accelerarne lo sviluppo e chi ha potuto trarre vantaggio da ciò che già esisteva, avendo tra le mani il prodotto giusto di cui promuovere l’utilizzo.

Indubbiamente l’isolamento sociale per i più è stato leggermente meno pesante grazie proprio ai tantissimi strumenti di comunicazione esistenti. Ma.

C’è un bel ma. Ha aiutato proprio tutti?

È possibile per tutti lavorare in regime di smart working? È possibile per tutti avere a disposizione il proprio computer dal quale seguire le lezioni online? Hanno tutti la capacità e le competenze per accedere a strumenti che per altri sono così semplici e intuitivi?

Chi lavora in un ristorante, una fabbrica, per fare solo gli esempi più banali, del lavoro da remoto ha tratto ben pochi vantaggi. Nessuna produzione, nessun consumo, nessun lavoro.

Chi non ha accesso a un Wi-Fi, chi è nato e cresciuto in analogico e non ha dimestichezza con i mezzi tecnologici. Tante famiglie che da un giorno all’altro si sono trovate a condividere per 24 ore su 24 l’intera casa, magari non così spaziosa e magari con un solo computer o nemmeno quello.

Forse i figli di quelle famiglie non hanno avuto la possibilità di seguire le lezioni online come i loro compagni. Forse non tutti gli insegnanti hanno disponibilità dei mezzi informatici necessari per preparare e svolgere le lezioni da casa.

Sono migliaia gli esempi che si possono fare per sottolineare purtroppo il grande divario sociale che questa emergenza ha creato, anzi, ha messo in luce.

Geografico, generazionale, economico.

Pensiamo che sia giusto affrontare un tema come quello degli applicativi più richiesti tenendo sempre presente anche questa prospettiva. Come incentivo a impegnarci perché presto la tecnologia non abbia più questa doppia faccia. Che sia accessibile a un numero sempre più grande di persone che in questo modo non dovranno più vivere un isolamento nell’isolamento.


Come avvicinare le persone in quarantena?  

Indubbiamente per chi ha accesso agli strumenti che la tecnologia digitale ci ha messo a disposizione la vita è stata un po’ più semplice. A livello lavorativo, educativo e sociale.

In questi ultimi mesi abbiamo sentito parlare spessissimo di piattaforme per teleconferenze, telelavoro, teleaperitivi, teleattivitàsportive, telecompleanni eccetera eccetera.

Immaginiamo gli sviluppatori di Zoom che una mattina si sono svegliati e si sono accorti che la loro piattaforma, fino a quel momento conosciuta da una nicchia di mercato, aveva un incremento di download del +1300%. Ok forse non proprio una sola mattina, ma insomma. 1300%! 

Anche l’ambito tecnologico probabilmente sta iniziando a conoscere l’idea di “andare di moda”.

Zoom ora è in voga, Skype è un po’ démodé, non regge bene tante persone insieme, WhatsApp e le sue funzioni di videochiamate non hanno avuto una vera esplosione.

Quanti altri ne esistono? Quali sono i migliori? Perché non sempre il più famoso è anche quello di maggiore qualità?

C’è chi ha provato Microsoft Teams, per i gruppi di lavoro, chi ha sperimentato per la didattica a distanza Hangouts Meet, o Cisco Webex Meetings.

E poi non basta essere collegati, bisogna essere anche organizzati, nel lavoro come a scuola. E allora via con piattaforme come Monday, Slack oTrello.

L’esigenza di ripartire velocemente, seppure a distanza, è stata forte. Tanto che spesso abbiamo dimenticato o abbiamo voluto ignorare i tanti problemi di sicurezza e privacy. Dati personali regalati alla mercé di hacker e malintenzionati in generale. La fretta si sa, è cattiva consigliera.

L’importante adesso è renderci conto di cosa abbiamo, di cosa bisogna migliorare, come possiamo sfruttare a nostro vantaggio quello che già è in nostro possesso e fare in modo che la tecnologia sia un reale punto di forza. E che lo sia per tutti.

 

I contatti sociali e il tempo libero 

Facebook, Instagram, Twitter, Tik Tok, WhatsApp, Telegram, YouTube. Per citare solo i più famosi. I social mai come in questo periodo hanno assunto la funzione di piazze virtuali. Tutto è avvenuto al loro interno.

Appuntamenti, party, conferenze, spettacoli, interviste, insieme alle solite tante lamentele abbiamo visto concretizzarsi diverse proposte.

Se Maometto non va alla montagna davvero la montagna va da Maometto.

E così abbiamo potuto ascoltare concerti, letture, visitare gallerie d’arte e musei, prendere parte a iniziative e spettacoli. Persino seguire in diretta i discorsi del Primo ministro.

Tutto questo ha ovviamente i suoi pro e i suoi contro, una sola cosa è certa. L’interazione è massima.

Il sistema dei commenti permette davvero a tutti di dire la propria e aprire dibattiti e discussioni, tutti possono mostrarsi e dare sfogo alla propria creatività. I mezzi non mancano e c’è spazio per tutti.

In futuro discuteremo dell’eccesso di informazione ma questo è un altro discorso.

Se una quarantena nel 1990 avrebbe visto probabilmente molti ragazzi discutere con i propri genitori per il costo della bolletta del telefono, oggi abbiamo avuto almeno la possibilità di utilizzare tantissimi canali diversi per rimanere in contatto, per fare in modo che il tempo scorresse un po’ più velocemente e meno in solitudine. Abbiamo avuto tante possibilità in più di affacciarci fuori dalla finestra di casa e non solo per cantare la canzone delle 18.

Per uscire stando all’interno, per avere contatti senza il rischio di contagio.

E di pensare anche a come passare il tempo libero.

 

 

Un po’ di divertimento indoor 

Tante sono state le iniziative a sostegno di #iorestoacasa, da quelle già citate ai giochi online.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità appena un anno fa aveva classificato ufficialmente come malattia il gaming desorder. A inizio pandemia ha prescritto invece i giochi online come un utile rimedio contro il distanziamento sociale. È nato così un nuovo hashtag #PlayApartTogether, sostenuto da molti influencer internazionali.

Diversi produttori hanno messo a disposizione alcuni dei propri giochi gratuitamente. Iniziativa sociale e promozionale al tempo stesso, come Playstation o Xbox. Altri hanno unito la beneficenza, per fortuna. Come ad esempio Nintendo.

Sono nate soluzioni originali che permettono di donare giocando, come Gamindo. Di certo l’intero settore dell’entertainment ha subito una forte impennata.

Per prime le piattaforme streaming TV. Netflix, Google Play, Amazon Video, TIMVision, Apple TV, Disney+. Tutte a disposizione con grandi promozioni per attirare il maggior numero di clienti.

Il ragazzo degli anni ’90 di cui sopra, avrebbe usurato il nastro del VHS con le puntate di Beverly Hills 90210 e avrebbe lottato con i genitori o i fratelli per averla vinta su cosa guardare la sera in TV.

E che dire della possibilità di mangiare una pizza o un buon sushi anche in quarantena? Di certo gli inventori e i proprietari di Deliveroo, Glovo, JustEat, Foodora e le altre app per il delivery hanno avuto un bell’incremento di guadagno. Solo Glovo tra febbraio e marzo ha avuto un aumento delle richieste del 300%.

In molti casi non erano preparati, non c’era abbastanza personale, mancava una buona organizzazione insieme al fatto che per quanto si tratti di strumenti digitali a portarci la spesa a casa poi sono sempre persone, i rider. Che devono avere la possibilità di lavorare in sicurezza. E non è stato sempre così purtroppo.

Servirà questa pandemia almeno a velocizzare il processo di messa in sicurezza dei luoghi di lavoro e dei lavoratori?

 

E adesso? 

Tra il dibattito sull’app per tracciare i positivi al Covid – 19, Immuni, gli esami di maturità che alla fine probabilmente si svolgeranno in presenza, l’incertezza generale sul futuro che ci aspetta sarebbe importante pensare in primis: cosa può fare la tecnologia per noi? Quanti nodi può sciogliere, in quante situazioni può intervenire?

E soprattutto: ora che ci siamo accorti cosa significa avere un contatto solo virtuale con gli altri e abbiamo toccato con mano il vuoto che la distanza fisica può portare, smetteremo, una volta tornati ad una sorta di normalità di fissare il telefono invece del nostro interlocutore? Di dare la priorità alle notifiche che riceviamo invece che a quello che ci sta comunicando la persona che abbiamo di fronte?

Ricominceremo a utilizzare la tecnologia come un mezzo e non più come un fine?

Giulia Mundula
Gabriele Peja

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