Il fallimento non esiste… esistono le opportunità per maturare

Successo vs fallimento. Una doppia possibilità che, messa in questi termini, può dare generare ansia. La cosa migliore é vivere un eventuale stop, che può essere dovuto a molteplici cause, come un’opportunità per crescere. La psicologa Chiara Di Berardino spiega come reagire positivamente a un insuccesso

Sempre più spesso, nelle nostre giornate, riecheggiano termini come “successo e fallimento”, “riuscita o sconfitta”. A scuola, in televisione, sui social, quasi ovunque queste parole affollano i nostri pensieri e le nostre giornate.
D’altronde, sin da piccoli siamo stati abituati a parlare in termini di “merito” e di “bravura”. Quante volte, difatti, da bambini abbiamo ascoltato la frase “se fai il bravo, avrai un premio”. Espressione sicuramente a tutti nota, ma che nasconde, al suo interno, dei significati non pienamente funzionali, che hanno effetti sul nostro modo di crescere e quindi, sul nostro modo di pensare ed agire, anche da grandi.
Siamo abituati a pensarci come uomini e donne di valore, per cui esistiamo, per noi stessi e per gli altri, solo se ci realizziamo in qualcosa, solo se riusciamo a portare a termine un compito, così da ottenere un premio, una ricompensa o un riconoscimento da parte degli altri.
Così facendo, però, ci si accorge molto presto del circolo vizioso cui diamo inizio.
Raggiungere un obiettivo, ci farà sentire meritevoli, soddisfatti, in grado di farlo ancora e di farlo ancora meglio.
Queste riflessioni e questi ragionamenti sono soprattutto presenti in questa fase attuale in cui voi ragazze e ragazzi vi accingete a concludere l’anno scolastico, che porterà la maggior parte di voi a passare da una classe ad un’altra, da un ordine scolastico all’altro, e un’altra parte di voi che sarà invece chiamata ad affrontare gli esami di maturità. La maturità, si sa, richiede di fare un grande salto, dopo il quale alcuni di voi proseguiranno gli studi universitari oppure gli studi professionalizzanti tramite gli Istituti Tecnici Superiori.
In un simile contesto, in cui ci si prospetta una società in cui le competenze conterranno sempre di più, in cui la conoscenza richiesta sarà sempre maggiore, e in cui tutti sembrano “fare qualcosa” meglio di noi, sperimentare un senso di fallimento, è del tutto frequente e normale. Vediamo perché e come gestirlo!
Quando raggiungiamo l’obiettivo?
Quando possiamo dire di aver raggiunto il nostro obiettivo? Sicuramente quando percepiamo che il punto dove ci troviamo assomiglia molto a quello che avevamo immaginato. E allora, possiamo pensare a tanti obiettivi che ci diamo in questi anni di vita: obiettivo di prendere un bel voto a scuola, o di affrontare la maturità al meglio, di superare i test di ammissione universitaria, o di “far colpo” sulla persona che da tempo ci piace. Qualsiasi sia lo scopo finale, deve essere visto e riconosciuto.
Sarà esperienza comune, a scuola, di impegnarsi molto per una verifica, di studiare molto e di rinunciare anche all’uscita del weekend per prendere la sufficienza (o più) in quella materia. Può succedere poi, come spesso accade, di fare quella verifica come ci eravamo programmati ma immediatamente dopo, capita di avere già l’idea di dover fare meglio o dover fare di più. Questo accade perché abbiamo l’idea che per essere meritevoli, non dobbiamo mai fermarci.
“Stare fermi” è un concetto che rimanda al “perdere tempo”. Basti pensare a tutte le volte che siamo fermi anche fisicamente, e c’è qualche compito o azione da fare. Chi è in moto o sta facendo qualcosa, viene percepito in grado di affrontare la situazione, chi- al contrario- rimane fermo, viene visto come non idoneo in quel contesto.
Così facendo, non riusciamo capire quale sarà il percorso giusto per noi, quale lavoro ci permetterà di esprimere al meglio il nostro potenziale o di capire se quell’offerta di lavoro rispetti i nostri valori. Questo modo di procedere, quindi, non permette neanche di percepire quando la meta è stata raggiunta, se siamo lontani o vicino, e se ora bisognerebbe soffermarsi su quanto raggiunto.
Un’altra immagine che ci è utile per capire quanto detto è questa: pensate a quando siete in treno ad alta velocità, riuscite a cogliere tutti gli elementi del paesaggio, a notare cosa c’è fuori dal finestrino e a metterlo a fuoco? Probabilmente no, e questo non dipende da voi, ma dal treno che corre molto veloce e non dà modo di focalizzare ciò che vediamo. La stessa cosa accade nelle nostre vite: quando “corriamo” per inseguire un obiettivo e raggiungere uno scopo, può succedere di perderci molte informazioni che, al contrario, sarebbero utili come riferimento.
E se non raggiungessi il mio scopo?
Una delle più grandi difficoltà che possiamo incontrare già negli anni di scuola è pensare cosa succede se non dovessi mai raggiungerlo quello scopo, o non lo raggiungessi in modo perfetto. Di scopi, come si è detto in precedenza, possiamo averne tanti e tutti diversi tra di loro. Può accadere di prendere un voto più basso rispetto a quanto avevamo studiato, può succedere di fare una scelta sbagliata circa la scuola da frequentare o il percorso universitario da intraprendere o l’ambito lavorativo su cui investire. In questi casi, ci si può sentire di non avere avuto successo.
La parola successo indica qualcosa che segue un altro fatto e che ha con questo un rapporto di conseguenza; significa quindi, genericamente, “risultato, esito”. Potremmo quindi dire che è unopera, unimpresa o unattività che ha conseguito risultati particolarmente felici.
Tuttavia, il significato più diffuso e condiviso del termine ha a che fare con il riconoscimento da parte degli altri dei propri meriti o l’approvazione del proprio operato da parte di un vasto pubblico. Vi è mai successo di portare a termine un’azione o un compito e di aspettarvi un feedback positivo dagli altri? O ancora, di rimanere delusi, se nessuno nota l’impegno che stiamo mettendo nello studio o in altri ambiti di vita? Se si, è del tutto normale e si verifica perché la nostra auto-efficacia – intesa come  la convinzione nelle proprie capacità di poter realizzare gli obiettivi prefissati e di  poter gestire adeguatamente le situazioni– dipende  sia dalla nostra esperienza diretta (“se i miei tentativi mostrano che “ce la posso fare” la mia percezione di auto efficacia sarà molto forte”) sia dall’esperienza indiretta, cioè da ciò che una fonte da noi ritenuta autorevole (siano essi genitori, professori o amici) ci rimanda.
Appare chiaro, dunque, che per avere una buona stima del sé e una piena fiducia nelle nostre capacità, è necessario basarci anche su quanto gli altri, di riferimento per noi, ci rimandano. Alla luce di ciò, infatti, emerge quanto il successo sia fortemente condizionato dal riuscire “rispetto a” qualcuno in quel determinato compito, e non dal perseguire i nostri reali valori personali.
A tal proposito, chiediamoci sempre, “lo fai per te o per gli altri? Chi è che vuole raggiungere l’obiettivo? I tuoi genitori, i tuoi amici, i tuoi professori o te stesso?
 
È importante non assumere come nostri, gli obiettivi degli altri: ognuno ha i propri ed è importante conoscerli. Per capire da dove si originano, proviamo a chiederci “perché ho questo obiettivo?”. Perché voglio scegliere questa facoltà? Perché voglio impegnarmi nello studio? Perché voglio trovare un impiego? Solo se, e quando, sapremo indicarci una direzione, probabilmente potremo dire che quello scopo o obiettivo è realmente nostro, è autentico e non è stato assorbito dagli altri.
Abbiamo fallito” o “siamo falliti”?
Dicevamo, quindi, che non raggiungere uno scopo ci fa sentire spesso non meritevoli, e magari questo vissuto è rinforzato anche da un confronto con gli altri o dai giudizi ricevuti. In questo caso possiamo dire di “aver fallito”, quindi di avere avuto un insuccesso, un mancato raggiungimento dell’obiettivo. L’insuccesso si verifica quando c’è una distanza tra lo scopo desiderato e il risultato ottenuto. E questo può avvenire in tutte le circostanze che viviamo: a scuola, al lavoro, in amicizia, durante un esame (si, anche in quello di maturità!!).
Aver fallito porta spesso con sé sentimenti di bassa autostima, frustrazione e umore deflesso.
Ciò accade perché si tende ad aggravare la perdita subita. Infatti, il bene perduto, se io non avevo previsto quella perdita, va ad acquisire un plus valore, proporzionale anche alla consapevolezza degli sforzi e dei sacrifici spesi per portarlo a termine. Facciamo un esempio, se voi passaste tutto il weekend a studiare, invece di dedicarvi a ciò che più vi piace e diverte, come uscire, fare un viaggio o fare sport, e poi quella verifica non andasse come programmato, il vissuto di frustrazione sarà molto più marcato rispetto a quando vado a fare una verifica o un test senza essermi preparato e, quindi, senza averci investito.
Come gestire il fallimento?
Se la perdita e il mancato raggiungimento di un obiettivo portano a fallimento, accettarlo senza farsi trasportare ci permette di condurre ugualmente una vita serena e soddisfacente.
Foscolo diceva “Non ci sono errori, ma opportunità per conoscere le cose”, e questa sua citazione esprime perfettamente la differenza tra “aver fallito uno scopo” ed “essere dei falliti”.
Accettare qualcosa che accade e che si verifica nel nostro percorso di vita, sia esso scolastico o lavorativo, è l’unica grande arma che abbiamo per reagire all’insuccesso.
Accettare, infatti, non equivale a rassegnarsi. Rassegnazione vuol dire non impegnarsi, non agire per raggiungere lo scopo, accettazione, al contrario, presuppone uno sforzo e gli investimenti fatti, che potrebbero, però, non sempre portarci alla meta desiderata.
Quando sentiamo che la paura del fallimento ci limita nelle scelte da intraprendere, ricordiamo che è solo uno dei tanti scenari possibili, che potrebbe verificarsi così come potrebbe lasciar spazio al successo: accogliere il fallimento vuol dire accettare di non poter controllare tutto ciò che si verifica nella nostra vita. Accettare il fallimento è un grande atto di maturità e crescita personale e anzi, riuscire a farlo, è il più grande successo che possiamo raggiungere nella nostra vita.
Dunque, quali consigli per non sentirsi “falliti”?
  • Riduci il paragone con gli altri: tu sai cosa davvero per te è importante
  • Evita di generalizzare: ricorda che fallire in un compito non vuol dire fallire anche in altri contesti di vita
  • Non identificarti con il fallimento, fallire in un obiettivo da raggiungere non farà di te una persona fallita!!!
  • Circondati di persone positive che ti diano il giusto supporto
  • Ditti bravo: anche quando sembra che tutto non vada per il verso giusto, ripensa a tutte le cose belle e positive fatte finora e, se necessario, prova ad appuntartele.

Articolo di Chiara Di Berardino