Come cambierà la scuola italiana. Intervista al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara

Rivoluzione nella formazione tecnica e professionale: “Immaginiamo un percorso di quattro anni, un potenziamento delle materie di base e un forte investimento sull’apprendistato formativo, su laboratori e internazionalità”. Anche manager e imprenditori potranno insegnare nelle scuole. Con Agenda Sud colmeremo il gap che ancora oggi divide le scuole del Mezzogiorno da quelle del Nord”. Destinati complessivamente 325 milioni di euro. Al Salone Nazionale dello Studente e dell’Educazione finanziaria, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha tracciato le linee guida della trasformazione a cui sta andando incontro la scuola italiana. Il Salone, che ospiterà 60mila ragazzi in cerca di orientamento, chiude i battenti il 19 ottobre.

Intervista di Alessandra Ricciardi, giornalista di ItaliaOggi

 

Ministro Valditara, partirei da un dato: secondo UnionCamere-Anpal, il fabbisogno in Italia di tecnici tra il 2023 e il 2027 è di oltre mezzo milione di addetti. Confindustria, e in genere tutto il mondo imprenditoriale, lamenta di non riuscire a trovare giovani che abbiano competenze per entrare in questo mercato del lavoro, che va dalla moda alla farmaceutica alla meccatronica. Come cambierà l’istruzione tecnica e professionale con il disegno di legge che avete di recente approvato al Consiglio dei Ministri?
Dobbiamo partire da una considerazione, un dato drammatico, l’incapacità del nostro sistema formativo di dare una risposta ai bisogni assunzionali del mondo produttivo. I dati sono molto rilevanti: secondo questo studio e altre informazioni forniteci dal mondo dell’impresa il famoso mismatch è pari a un milione e 200mila posti di lavoro, posti che non vengono coperti per assenza di qualifiche corrispondenti. Questa situazione rappresenta un delitto nei confronti dei nostri giovani, che non trovano opportunità occupazionali coerenti con le loro abilità e i loro talenti. Ma è anche un delitto nei confronti della competitività del nostro sistema produttivo. Da questi presupposti nasce la riforma della scuola tecnica e professionale, che abbiamo voluto avviare in via sperimentale, in un dialogo serrato con le regioni, con i sindacati e con le associazioni di categoria. Questa riforma si struttura sostanzialmente sul concetto di filiera: occorre creare una filiera tra l’istruzione tecnico-professionale e il sistema degli ITS. Occorre velocizzare l’ingresso nel mondo del lavoro dei nostri giovani, che sia altamente qualificato. Immaginiamo pertanto un percorso di quattro anni a invarianza di organico, quindi, ci saranno molti più docenti a disposizione di ragazzi e ragazze. Immaginiamo un ripensamento del curricolo, anche in una logica di continuità con il percorso ITS. Immaginiamo un potenziamento delle materie di base, italiano, matematica, inglese, perché dobbiamo essere consapevoli che un’ottima formazione tecnica e professionale non può comunque prescindere da una formazione culturale importante. Investiamo molto in alternanza scuola lavoro, in apprendistato formativo, nei laboratori, nell’internazionalità. E, per la prima volta, laddove manchino specializzazioni corrispondenti consentiamo a manager, tecnici, imprenditori e dirigenti di poter insegnare all’interno delle scuole. Una rivoluzione che prende a modello i sistemi che meglio funzionano in Europa, quello tedesco, quello svizzero. Una rivoluzione che ha riscontrato un grosso consenso trasversale e che riteniamo possa favorire la soluzione di quel drammatico mismatch a cui facevo riferimento. Abbiamo voluto anche valorizzare la formazione professionale regionale che esce fortemente rafforzata perché abbiamo immaginato anche di costruire campus in cui possano operare insieme la formazione professionale, l’istruzione tecnica, persino i licei, se lo vorranno, le università e il mondo delle imprese. L’altra grande novità è che, per la prima volta, noi parliamo di ricerca da svolgersi all’interno delle scuole di istruzione tecnica e professionale. Durante le mie visite a queste scuole ho trovato una capacità di innovazione straordinaria, una forte volontà di fare ricerca e brevettare. Perché non sfruttare l’ingegnosità di questi giovani e le capacità dei loro docenti? Sono convinto che con un percorso di questo tipo possiamo andare lontano.

 

Nella scelta del percorso di studi è molto importante l’opinione delle famiglie. E nella valutazione ha un peso la differenza di giudizio, di reputazione tra un liceo e una scuola tecnica o professionale…
Proprio per questo io credo che noi dobbiamo cambiare radicalmente il paradigma. Noi ereditiamo la scuola gentiliana che metteva al vertice il liceo classico e poi costruiva una piramide, che svalutava le materie scientifiche e ancor più la formazione tecnica e professionale. Proprio perché la nostra è una scuola costituzionale, che mette al centro la persona, noi dobbiamo immaginare che la formazione tecnica e professionale diventi un canale di Serie A e non una scelta di risulta. Mi piace citare Teofrasto, che fu il successore di Aristotele nella direzione del suo liceo… Teofrasto, essendo un grande esperto di botanica e di scienze agrarie, a un istituto agrario non avrebbe lesinato il termine di liceo. Dobbiamo superare una concezione vecchia che vede una sorta di gerarchia piramidale. Ogni scuola è funzionale a esaltare i diversi talenti e le diverse abilità dei giovani. Evviva le differenze, individuiamole e potenziamole, scopriamole e valorizziamole.

 

Spesso capita che i ragazzi rimangano delusi dalle scelte fatte, di scuola o di università, forse perché frutto di decisioni non del tutto consapevoli. Che ruolo avranno il docente tutor e il docente orientatore, due figure che lei ha voluto fortemente e che partono quest’anno scolastico per le ultime tre classi delle superiori?
Docente tutor e docente orientatore sono un’importante sfida, una novità che abbiamo introdotto nella scuola italiana e corrispondono all’idea di scuola costituzionale, di personalizzazione dei percorsi. Il docente tutor deve avere la funzione di coordinare i colleghi in un percorso di team, per favorire l’individuazione dei talenti e delle abilità di ogni giovane. Talenti che vanno valorizzati per costruire un abito sartoriale, disegnato su misura sulle esigenze e sulle potenzialità di ogni ragazzo. Chiaro che questo comporterà la valorizzazione dei docenti disciplinari, che saranno pagati per le attività extracurricolari necessarie a valorizzare quel potenziamento. Grazie a un percorso sempre più personalizzato, vogliamo da un lato che nessuno rimanga indietro, che chi ha ritardi possa recuperare, ma vogliamo anche far sì che chi è più avanti possa accelerare. Poi una volta individuati e valorizzati i talenti, entra in gioco il docente orientatore che deve conoscere che cosa offre la società, quali possono essere i percorsi più adatti per ogni giovane e trasmetterli affinché ogni studente possa fare scelte consapevoli.

 

Lei diceva “non lasciare indietro nessuno”… sia i dati Invalsi sia i numeri dell’Ocse ci dicono che c’è un’Italia spaccata in due con ragazzi che al Sud hanno rendimenti non al livello dei colleghi delle regioni del Nord. Lei ha lanciato un piano che si chiama Agenda Sud. Come si concretizza e quali sono le attività sulle quali vi siete concentrati per recuperare questo gap che divide ragazzi che abitano in territori diversi?
Abbiamo un compito importante, quello di riunire l’Italia perché oggi, a livello di giovani e di formazione, è divisa in due, una situazione sempre più intollerabile. Non è moralmente ed eticamente accettabile che un ragazzo che vive in una parte del nostro Paese abbia minori opportunità formative e minori opportunità lavorative rispetto a chi nasce in territori più fortunati. L’idea di Agenda Sud nasce da una visione strategica, dobbiamo individuare quelle scuole che hanno maggiori difficoltà nel nostro Meridione e potenziare la scuola primaria, che sta entrando in criticità. Abbiamo deciso di potenziare l’insegnamento su 2.000 scuole elementari, abbiamo individuato, d’intesa con Invalsi (che ha stilato una serie di indicatori importanti per trovare le scuole situate in aree maggiormente critiche o che hanno risultati di maggiore criticità) 245 scuole sulle quali abbiamo lanciato un intervento in 10 punti: significa più docenti, significa scuole aperte tutto il giorno, significa una formazione particolare per i docenti di quelle scuole, supportata da Indire e da Invalsi che quindi andranno sul territorio in aiuto di questo insegnanti. Significa puntare sui laboratori, sullo sport, sul dialogo con le famiglie, significa un investimento importante in azioni sociali e psicologiche per portare i ragazzi a scuola perché in certi territori il problema è ancora questo. Destiniamo complessivamente, tra il Decreto Caivano e gli investimenti Pon e Pnrr, 325 milioni di euro, una cifra molto importante. Si tratta di una visione strategica per intervenire radicalmente su determinate realtà e per aiutare quei ragazzi che vivono in contesti complessi.

 

Qui al Salone ci sono tantissimi giovani che desiderano informarsi su che cosa fare dopo la maturità. Davanti a sé hanno moltissime opportunità e proposte. Se dovesse dare loro un consiglio?
Innanzitutto il percorso necessario è quello dell’impegno, nessun risultato si potrà mai ottenere senza la convinzione che ci debba essere impegno. Ecco perché per me è così importante lo sport a scuola, perché educa all’impegno, alla solidarietà, alla lealtà, al lavorare in squadra. E poi decisiva è la capacità della scuola di motivare questi ragazzi, ecco perché puntiamo molto sulla personalizzazione, in un dialogo forte e positivo con i docenti. Visitando tante scuole ho incontrato ragazzi meravigliosi, è vero c’è il fenomeno del bullismo sul quale siamo intervenuti e dobbiamo intervenire molto seriamente, ma la stragrande maggioranza dei giovani è rappresentata da ragazzi e ragazze che attendono soltanto di essere “accesi”. Cosa che deve fare la scuola motivandoli e incoraggiandoli. E devo dire che visitando le scuole ho trovato tante testimonianze positive, ragazzi che avevano avuto persino condanne, bocciature ma che avendo poi trovato le giuste motivazioni, la scelta consapevole, l’impegno si sono riscattati e il tasso di occupazione in queste scuole è elevatissimo.

 

Ministro, un flash. Avete da poco approvato la Legge di Bilancio, il suo personale tasso di soddisfazione?
Certamente buono perché la prima richiesta che noi avevamo fatto al ministro dell’Economia era quella di un investimento sul contratto. Mi sono presentato al mondo della scuola rinnovando il contratto che era scaduto. Ridare autorevolezza ai docenti e riportare la cultura del rispetto nelle scuole passa anche da una valorizzazione economica. Ci sono 5 miliardi di euro a disposizione del pubblico impiego e una parte importante sarà destinata al personale della scuola… credo che abbiamo fatto una cosa molto buona.

 

a cura di Sabrina Miglio