Il modello Parma ed Emilia-Romagna per l’orientamento

 

 

Disoccupati al 4% grazie al dialogo formazione-impresa

 

Il dialogo tra l’Associazione dei 7 Its dell’Emilia-Romagna, la Fondazione delle 6 università regionali e l’Unione industriali, indirizzando i giovani a scelte formative e lavorative su misura, ha ridotto l’abbandono scolastico dal 13,2% del 2014 al 9,3% del 2020. La collaborazione tra filiere professionali e didattiche limita la disoccupazione al 4%. Il bilancio dell’assessore regionale all’istruzione Vincenzo Colla al termine del primo Salone dello Studente di Parma, concluso in fiera il 15 febbraio con 12mila visitatori, e degli altri attori del territorio

 

In un’Italia dove il 25% degli under 30 non studia, non lavora e non è in training (percentuale più alta d’Europa dopo la Romania), le scuole dell’Emilia-Romagna vantano una dispersione scolastica (9,3%) più bassa sia della media italiana (13,1%) sia dell’obiettivo europeo (10%); le università contano tra i loro immatricolati un 45% di giovani che proviene da fuori regione e l’8,85% dall’estero. Con una disoccupazione che non supera il 4%. Performance che meritano di essere indagate per essere replicate altrove.

Quali “best practise” consentono questi numeri? “Anzitutto il patto per il lavoro tra associazioni territoriali industriali, sindacati, università e camere di commercio”, spiega Vincenzo Colla, assessore a sviluppo economico, green economy, lavoro, formazione e relazioni industriali della Regione Emilia-Romagna, ospite al primo Salone dello Studente di Parma il 14 e 15 febbraio, “consente un filo diretto tra il circuito formativo scuola-università-Its academy-Ifts e le 15 filiere produttive locali, che vanno dall’agro-industria all’automotive sino all’aerospazio”. In secondo luogo, il bilanciamento tra esperienza internazionale e locale: “I progetti di scambio con l’estero Erasmus non si limitano agli atenei ma toccano Its academy, Ifts e lavoro in apprendistato”, prosegue Colla. “Conoscere i modelli di lavoro stranieri, oltre che i percorsi didattici d’oltrefrontiera, crea quella circolarità culturale capace di assicurare continuità alla crescita delle eccellenze professionali del territorio”.

Ma c’è un terzo determinante fattore, che in Italia è quasi un tabù: “Per evitare la fuga all’estero dei nostri giovani più preparati serve una nuova cultura d’ingaggio: stipendi più alti, perché gli attuali non sono competitivi coi paesi europei più evoluti”, spiega l’assessore, “e risposte dalle istituzioni su quesitone casa e servizi, compresi i servizi esterni al lavoro, come facciamo qui in Emilia-Romagna con le associazioni imprenditoriali, che assicurano asili nido gratuiti e sostegno alle madri lavoratrici, donne che sono un valore strategico per il futuro. Il tutto in un’ottica di bilanciamento tra lavoro e qualità della vita, perché se per le nostre generazioni il centro del sistema era il lavoro, per i giovani di oggi è la gestione del tempo”.

Il quarto pilastro citato da Vincenzo Colla è di ordine strutturale: “La frammentazione produttiva delle Pmi italiane va bene per alcuni settori come la manifattura, ma per altri come la logistica serve rafforzare la morfologia sia sul piano delle competenze sia su quello della dimensione d’impresa”.

Chiamato in causa, il mondo aziendale risponde per voce di Cesare Azzali, direttore generale dell’Unione parmense degli industriali: “Con l’organizzazione Parma io ci sto! abbiamo creato una serie di farm (food farm, innovation farm, ecc.) che han dato vita a una didattica innovativa e un’integrazione di esperienza tra sistema pubblico e imprese private con cui offrire ai giovani una preparazione più adeguata possibile ai tempi”.

Tempi in cui il lavoro deve fare i conti anche con un’intelligenza artificiale esponenziale, con annessi rischi e opportunità. “Da un lato non si deve delegare alla tecnologia il ruolo dell’acquisizione delle competenze, per mantenere la capacità dell’essere umano di esercitare un ruolo critico”, spiega Azzali, “dall’altro occorre accettare la tecnologia per comprenderne i meccanismi, perché tenere a distanza l’IA comporterebbe il rischio di non essere poi in grado di orientarne l’evoluzione”. Un compito che per i giovani d’oggi, secondo il dirigente industriale, è ancora più gravoso: “Le generazioni che li hanno messi al mondo sono le prime a non essere capaci di dare loro la giusta misura tra l’immergersi nell’intelligenza artificiale e tenerne le distanze. I ragazzi debbono trovare da soli un punto di equilibrio integrando passato, futuro e presente di una novità che, per velocità di evoluzione, non è mai stata incontrata nella storia dell’umanità”.

Da sinistra, Ormes Corradini, Serse Soverini (Sistema ITS Emilia-Romagna), Vincenzo Colla (assessore regionale Istruzione e Lavoro), Domenico Ioppolo, ad Campus – Salone dello Studente (foto di Francesco Mancuso)

La crescita delle Its academy, non esponenziale come l’IA ma certo considerevole, vista la recente istituzione di una formazione terziaria professionalizzante a lungo assente in Italia, dovrebbe contribuire a coniugare nuove tecnologie e specializzazione delle professioni. “I laboratori sono in fase di potenziamento”, spiega Ormes Corradini, presidente della Scuola politecnica Its maker (meccatronica) e dell’ Associazione Scuola Politecnica Emilia Romagna, che riunisce tutte le 7 Fondazioni Its della regione. “I finanziamenti per i corsi e le borse di studio grazie al Pnrr non mancano. La carenza”, denuncia Corradini, “è nei capitali irrisori messi a disposizione per la costruzione di nuove sedi”. La divulgazione degli Its presso l’opinione pubblica potrebbe mettere pressione alle istituzioni nazionali per incrementarne l’investimento: “L’orientamento va rivolto non solo agli studenti ma anche a docenti, genitori e famiglie”.

Un tema, quello dell’orientamento, ripreso anche da Beatrice Aimi, assessora alla Comunità giovanile del Comune di Parma, forte della sua esperienza di preside alle scuole di primo e secondo grado. “Con l’iniziativa Mi prendo il mondo abbiamo invitato per 4 giorni 5.500 ragazzi a Parma per ascoltare testimonianze sulle professioni”, spiega la dirigente. “Lavoriamo sulle scelte di vita prima ancora che su quelle di lavoro”, chiarisce la dirigente, “perché l’orientamento è composto da 3 livelli: il primo di natura informativa, come quello svolto dai Saloni dello Studente; il secondo formativo, che compete alle scuole, specie adesso che è stata istituita dal ministero la figura del docente orientatore. E infine un terzo, il più carente in Italia, che è quello introspettivo, centrato sulla scoperta di sé e sull’aiuto a diventare ciò che si è”.

Un’articolazione dell’informazione agli studenti ribadita dal rettore dell’UniversitĂ  di Parma, Paolo Martelli: “Far conoscere le opportunitĂ  formative e i percorsi didattici è solo una parte del processo di orientamento. Eventi come i Saloni dello Studente vanno sfruttati anche come momenti di crescita culturale, per aiutare gli studenti non sono a comprendere le possibilitĂ  di specializzazione e di impiego, ma anzitutto quali sono per ciascuno le migliori combinazioni tra i percorsi formativi esistenti e le inclinazioni individuali. Un orientamento”, spiega il rettore di Parma, “reso ancor piĂą necessario dall’inverno demografico cui stiamo andando incontro: se la popolazione cala, è tanto piĂą importante che la sua formazione sia di qualitĂ  per poter supportare il paese. Il gap tra il 27% di laureati italiani a fronte di una media di oltre il 40% degli altri stati europei, se non colmato, rischia di avere un impatto doppiamente negativo. Un’opera di attrattivitĂ  verso i giovani stranieri è di conseguenza un’altra delle misure da mettere in atto affinchĂ© l’inverno demografico non si traduca anche in un preoccupante inverno socio-economico”.

“Per la crescita di tutta la collettività di cittadini e non solo di pochi serve oggi più che mai costruire non muri ma ponti”, è l’invito raccolto da Domenico Ioppolo, amministratore delegato di Campus e del Salone dello Studente. “L’incontro tra i modelli di Parma ed Emilia-Romagna con l’esperienza di informazione e orientamento di oltre 30 anni di Saloni dello Studente in tutta Italia può essere un ulteriore passo in questa direzione”.

Ottaviano Nenti

 

 

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