ORIENTALOSA/3 di Sergio Bettini

GLI INTERESSI SCIENTIFICI E LA LORO VALUTAZIONE ORIENTATIVA

 

Di Sergio Bettini, psicologo dell’orientamento

 

Capita parlando magari con studenti al termine di un percorso liceale di sentirsi dire : “le sembrerà strano ma io sono attratto dall’idea di Matematica come di Filosofia… “. Orbene non credo che tale affermazione caratterizzi una stranezza né tantomeno una contraddizione ma semmai una ricchezza di interessi e, in una società che insiste sul concetto di polivalenza e di flessibilità, bene sarebbe poter approfondire entrambi gli ambiti. Ma poiché non è possibile questa soluzione e le attuali Università non consentono più come nel Medioevo (trivio e quadrivio, era poi peggio ?) tale binomio, cosa dovrà fare il nostro studente tra le due direzioni?  Studi scientifici o filosofici ?
Per rispondere a tale domanda e volendo offrire qualche spunto di valutazione dei propri interessi di tipo scientifico sarà opportuno chiarire il concetto di Scienza.
Cerchiamo nel dizionario Devoto-Oli e alla voce Scienza leggiamo: “Il risultato delle operazioni del pensiero, in quanto oggetto di codificazione sul piano teorico (sc. pura) e di applicazione sul piano pratico (sc. applicata)”. Piuttosto ampio. Se cerchiamo su Wikipedia alla voce Scienza troviamo: “Le discipline scientifiche possono essere suddivise in tre categorie: le scienze formali, le scienze empiriche e le scienze applicate. Le prime, di cui fa parte anche la matematica, costruiscono teorie astratte. Le seconde, a loro volta suddivise in scienze naturali (fisicachimicabiologiascienze della terra) e scienze sociali, studiano la natura a partire da osservazioni empiriche. Le terze (es. ingegneriamedicina), servendosi dei risultati delle prime due, fanno progredire la tecnologia e l’industria sviluppando nuovi prodotti e servizi”.
La struttura universitaria italiana prevede oggi all’interno dell’area Scientifica (4 sono le aree di suddivisione) una cinquantina di corsi di Laurea. Insomma il campo è quanto mai vasto. Esistono, pur in tanta varietà, degli elementi comuni ? esiste un gusto per la Scienza e delle attitudini specifiche ? Nel suo libro dal titolo stimolante “La voglia di studiare”, Massino Piattelli Palmarini prova a delineare in che cosa consista il gusto per le Scienze e lo identifica in una facoltà di immaginativa ricostruzione: ogni scienza organizza un suo mondo e di questo mondo occorre farsi una mappa mentale ordinata e continua. Le Scienze non si imparano per ripetizione di liste o di formule, si imparano per visite guidate a questi mondi, saltandoci dentro con l’immaginazione. Scoprirsi via via un po’ molecole, un po’ neuroni, un po’ giacimenti per vivere i loro destini e le loro trasformazioni è infinitamente meglio che leggerne passivamente su una pagina scritta.
Leggendo la questione dal punto di vista dello Psicologo di orientamento proviamo poi a vedere se vi siano elementi attitudinali per la riuscita in studi di tipo scientifico. La più importante caratteristica che accomuna tutte le aree è costituita dalla capacità di condurre a termine il rigoroso addestramento che da queste viene richiesto: per giungere a padroneggiare una scienza nella misura di competenza professionale è necessario un addestramento teorico e pratico di vari anni che si effettua nelle Università o altrove e può essere affrontato solo dopo un’adeguata preparazione generale. La prima attitudine richiesta è pertanto un’attitudine “scolastica” per intraprendere con successo gli studi universitari.
Cosa caratterizza l’attitudine scolastica? Da numerose ricerche condotte si rileva che è semplicistico identificare i voti con l’attitudine nel senso che il Fattore (così si chiama in Psicologia una caratteristica costante) che misura l’attitudine allo studio è di natura molto complessa e ingloba elementi intellettuali come elementi comportamentali. Chi ha esperienza di docenza può confermare che spesso sono i tratti di personalità a essere più decisivi per il successo universitario; trattando dell’area scientifica riteniamo importante trovare un equilibrio tra la rigorosità della materia studiata e l’accettare un margine di rischio e di approssimazione nella preparazione. Intendiamo dire che il perfezionista rischia di non sentirsi mai pronto per l’esame e di rinviare continuamente le verifiche, mentre in corsi universitari più “filosofici” si può ritenere di poter improvvisare e discutere maggiormente una domanda del professore.  Un team di esperti ha provato a elencare le doti necessarie per lo studio in facoltà scientifiche che sarebbero:
equilibrio e serenità nella propria visione di vita
costanza e determinazione nell’affrontare gli impegni
capacità di concentrazione anche in situazioni confuse
Doti che come risulta evidente sono tutte legate alla sfera della personalità più che dell’intelligenza.
Le professioni scientifiche occupano comunque campi diversissimi che possono essere semplicemente applicativi oppure altamente teorici e richiedono creatività e inventiva. Da sempre si discute sul concetto di creatività e sul come misurarla e spesso quando si tratta di studenti si ricorre alla valutazione degli insegnanti, ma è stato notato che molte volte non si riesce a distinguere bene la creatività da altri fattori di riuscita scolastica. In molte Università americane, allo scopo di offrire a coloro che sono particolarmente dotati per la ricerca scientifica l’opportunità di sviluppare il pensiero critico, vengono istituiti dei corsi speciali in aggiunta a quelli ordinari. Le prove di ammissione a tali corsi vengono considerate predittive della creatività : orbene si è visto che non vi è alcuna correlazione tra creatività e intelligenza e che molti studenti “creativi” sono privi di un’attitudine accademica elevata. Più interessanti sono considerati i tratti temperamentali, cioè la personalità sembra più importante dell’intelligenza per la creatività sia in campi scientifici che artistici.
I tratti maggiormente presi in considerazione sono l’autodeterminazione, la socievolezza, la dominanza, l’attività e l’emotività. Studi di correlazione, cioè il possedere un tratto e risultare in seguito bravo in quello che il tratto doveva prevedere, hanno dimostrato che molti scienziati creativi sono indipendenti (autodeterminati) socievoli, dominanti e attivi : non vi è alcuna relazione invece con l’ansia in quanto gli individui creativi possono essere sia ansiosi che non ansiosi.
È poi naturale che la scelta di studi di tipo scientifico deve essere sostenuta da forti interessi, ma i questionari non sono riusciti a differenziare gli scienziati creativi da i non. Non basta cioè essere interessati alla creatività per riuscire a esserlo, ma sembra comunque che gli scienziati creativi abbiano dei forti interessi intellettuali. Questo conduce il discorso verso l’importanza dell’ambiente: se una delle caratteristiche essenziali è una forte spinta motivazionale verso attività intellettuali, tutti i fattori capaci di favorire tale spinta vanno presi in considerazione e per primi quelli educativi. Un fatto osservato da molti autori è che scienziati creativi sono spesso figli di scienziati o professionisti. Il fatto viene spiegato non tanto da ragioni ereditarie, quanto dall’influenza educativa esercitata dai genitori i quali imprimono o meno ai figli l’idea che il sapere e la cultura sono importanti per se stessi e non per i vantaggi economici che possono produrre. Pare inoltre che l’infanzia di molti futuri scienziati sia stata caratterizzata da genitori che hanno attribuito responsabilità all’interno di un clima liberale e poco autoritario.
Il nostro immaginario dialogo con lo studente si conclude a questo punto con la sua probabile domanda “Ma poi troverò lavoro, magari legato alla ricerca scientifica? Che possibilità avrò ?”
Ma questo esula dal ruolo dello Psicologo di Orientamento e riguarda quello del career counsellor.    O forse dell’aruspice.