Tutto il valore aggiunto di uno scambio Erasmus

Le borse di studio per l’estero stanno crescendo nel numero e nell’ammontare economico. Si possono fruire anche da matricole o dopo la laurea e sono rivolte anche a giovani lavoratori e tirocinanti. Chiara Ferrari, una laurea a Pisa e un tirocinio a Rotterdam, responsabile Attività e Formazione dell’associazione Erasmus Student Network (53 sezioni in tutta Italia), di cui è da quattro anni nel direttivo, racconta a Campus Magazine l’evoluzione e l’ampliamento di un’esperienza formativa che in curriculum può fare la differenza. “Sei mesi o un anno in un ateneo straniero non sono tempo buttato ma un investimento su sé stessi: durante il soggiorno estero si possono sostenere esami riconosciuti dalla propria università e si sviluppa un’apertura mentale che sarà utile per tutta la vita, dal lavoro al privato”.
Chiara Ferrari, con la rete degli ESN Italia siete reduci dal vostro congresso d’autunno, tenutosi a Torino, cosa succede in eventi come questo?
Sono occasioni per fare il punto della situazione con il consiglio direttivo di Esn, stilare il report di tutte le nostre attività e proporre nuove idee, i cui obiettivi che devono essere rispondenti ai valori europei e l’Agenda Ue 2030, tra cui rientrano la mobilità e la formazione personale e continua dei giovani. Stessa cosa fanno i supporter, ovvero i rappresentanti esterni al consiglio, che tengono i rapporti con i diversi partner istituzionali. Idem avviene nei sei team tematici, che ci aiutano nelle implementazioni delle iniziative. Il Salone dello Studente, per esempio, è seguito dal Team Education & News. Inoltre, si stabiliscono i successivi eventi nazionali: il prossimo sarà l’Assemblea generale, che si terrà a Roma a dicembre a Roma. Il primo del 2023 sarà il Congresso di Padova nel mese di marzo. Le riunioni delle 53 sezioni italiane di Esn avvengono quattro volte l’anno, in città diverse per essere fruibili un po’ per tutti.
Com’è cambiata l’attività del Progetto Erasmus nel tempo?
È cresciuta gradualmente, strutturandosi sempre di più, pur mantenendosi in linea con le attività legate alle istituzioni dell’Unione Europea. Agli esordi del programma, dal 1987 in poi, l’attività era più semplice, le sezioni italiane erano in tutto solo sette. In questi ultimi anni è cresciuta anche la qualità delle attività realizzate. Fra queste rientrano collaborazioni nazionali come quella con Campus – Il Salone dello Studente, ma anche il protocollo intesa e l’accordo quadro di durata quadriennale con Legambiente Italia per fare qualche esempio.
Erasmus Student Network, l’associazione che racchiude gli studenti che sono stati in Erasmus e vogliono fare da promotori e testimonial per i compagni più giovani, ha più di 2.000 volontari, con 53 sedi in Italia e centinaia all’estero, che attività realizza sul territorio?
Cerchiamo di organizzare eventi di promozione nelle scuole di ogni ordine e grado, attraverso un progetto preciso che si chiama Erasmus in Schools. In queste occasioni portiamo sia volontari italiani che hanno fatto già esperienza all’estero sia studenti internazionali. Con attività adatte alle diverse età del nostro uditorio, per promuovere il concetto di diversità e di interculturalità anche fra gli studenti più giovani. Oltre a questo, cerchiamo di fare testimonianza sui nostri canali social e di organizzare incontri e conferenze anche nelle università, cercando di essere presenti il più possibile sia nei luoghi formali che informali in cui si possano trovare possibili studenti outgoing, ovvero quelli in procinto di partire per l’estero o potenziali destinatari di una borsa Erasmus.
Recentemente avete organizzato anche un Contest: di che cosa si tratta?
È un grande progetto nazionale col quale abbiamo chiesto agli studenti di realizzare un elaborato sulla sostenibilità, seguendo la traccia stabilita dal consiglio direttivo di Esn Italia, in linea con le politiche e i valori e le azioni principali con cui si muove l’Europa, e in considerazione del fatto che il 2022 è stato dichiarato Anno europeo dei giovani. Recentemente abbiamo proclamato i tre vincitori del Contest Esn 2022, che ha messo in palio tre borse da mille euro ciascuna interamente finanziati da Esn. Tengo a dire che anche i nostri partner istituzionali, che intervengono patrocinando le nostre iniziative e partecipando alle commissioni d’esame del contest, mettono frequentemente in palio ulteriori borse.
Oltre al Contest, un altro vostro grande progetto è Ask Erasmus, in cosa consiste?
Si tratta di un sistema di matching che mette in relazione studenti Erasmus prossimi alla partenza con studenti residenti nelle città di destinazione dei primi. Uno dei nostri sei team organizzativi crea un contatto tra volontari Esn che sono stati in Erasmus e studenti outgoing (prossimi alla partenza), vincitori di una borsa Erasmus, in procinto di partire per la stessa destinazione. Questi, grazie ai primi, possono informarsi sulla città che li sta per accogliere e ottenere risposte a ogni dubbio o domanda di carattere accademico o burocratico. Per facilitare queste relazioni organizziamo in genere una sorta di party, di mentoring pre-partenza.
Esiste anche il progetto Erasmus Monitor, di cosa si tratta? Rileva gli andamenti degli scambi?
Contact-Erasmus Monitor è un progetto che abbiamo attivato grazie a stanziamenti Ue e consiste in una piattaforma realizzata con altre Esn national organization, tra le quali Esn Francia è la capofila, in cui vengono caricate le testimonianze dei volontari partiti in Erasmus, con lo scopo, anche qui, di fungere da riferimento e guida per chi sta per partire.
Siete protagonisti anche ai Saloni dello Studente di Campus, che servizi offrite?
Quelli illustrati nei progetti sopra elencati: testimonianze con volontari e studenti internazionali; promozione del programma Erasmus e delle alternative di mobilità giovanile internazionali; diffusione di indirizzi e materiali informativi sulle città in cui si trasferiscono gli studenti Erasmus. E, ovviamente, rispondiamo a ogni sorta di domanda per chi vuole conoscere o approfondire questa opportunità.
Molti giovani a Campus chiedono se per fare un Erasmus serve per forza iscriversi all’università, cosa si può rispondere loro?
Oggi l’accesso agli scambi giovanili con l’estero riguarda una fascia molto più ampia di giovani, dagli studenti degli ITS che hanno introdotto l’Erasmus nelle loro sedi, ai giovani lavoratori e tirocinanti. In particolare Erasmus+ è un programma creato dall’Unione Europea, articolato in diverse azioni, che promuove la conoscenza, lo scambio culturale e la formazione continua. Mette a disposizione contributi per la mobilità di studenti, giovani professionisti e giovani insegnanti e, inoltre, realizza progetti di scambio coinvolgendo realtà diverse dagli atenei, come le aziende, le associazioni non profit, le realtà del terzo settore, che a loro volta possono proporre progetti di scambio e formazione.
Com’è cambiato l’atteggiamento dei ragazzi verso i programmi di scambio con l’estero nel corso degli anni?
È cresciuta la consapevolezza generale sul progetto, ma non quella sulle sue diverse articolazioni e quindi sulle tante opportunità che oggi offre il programma. Perciò molto spesso le domande degli studenti vertono su queste articolazioni più nuove. Oggi alcune azioni di Erasmus+ consentono di partecipare anche agli iscritti ad alcuni ITS che hanno aderito al programma. Inoltre ci sono gli Erasmus per i tirocini, per il post-laurea e per il post-diploma. Quindi direi che oggi i ragazzi sanno cos’è Erasmus ma non conoscono veramente tutte le occasioni che offre. Anche per questo cerchiamo di svolgere un ruolo di divulgatori.
Che caratteristiche bisogna avere per vincere una borsa di studio Erasmus?
L’Unione europea non stabilisce criteri universali, che sono invece prerogativa delle singole università, ciascuna delle quali gestisce la propria graduatoria interna. Alcune si basano sulla media voto agli esami, altre sul reddito, altre sulle tempistiche della carriera universitaria dei candidati. Le differenze non devo però scoraggiare gli studenti dal concorrere: ciò che spieghiamo sempre loro è che esiste un ufficio di riferimento in ogni sede universitaria, che in genere si chiama Ufficio Relazioni Internazionali, dove rivolgersi e ricevere ogni informazione sul bando. Inoltre, le nostre sezioni Esn locali, ogni volta che esce un nuovo bando, fanno molta pubblicità sul bando nelle singole sedi d’ateneo e, insieme a questi ultimi, organizzano o supportano gli incontri di presentazione.
L’ammontare individuale della borsa è storicamente un po’ basso: oggi che copertura economica garantisce a chi parte?
Con l’ultima edizione del programma, che si rinnova ogni sette anni, è aumentata la cifra complessiva stanziata dalla Commissione Ue per il progetto, con il proposito di allargare la platea dei destinatari. E anche l’entità media individuale in alcuni Paesi è cresciuta, anche se non di molto. Oggi la media generale si aggira sui 300 euro mensili a studente, ma per recarsi nei Paesi dal costo della vita particolarmente elevato l’ammontare dei grants può essere anche sensibilmente superiore. Inoltre, rispetto al passato molte più università – sia organization (ovvero quelle che inviano studenti), sia hosting (cioè quelle che li accolgono) – cercano di integrare la borsa base con importi aggiuntivi. Non va dimenticato poi che alcuni Paesi, come la Germania, offrono scholarship mediamente basse (sui 400 euro), ma spesso le integrano offrendo l’alloggio gratuito. Insomma, c’è ancora da lavorare ma alcuni passi avanti sono stati fatti.
In che periodo degli studi consigli di progettare un Erasmus e per quali lauree lo raccomanderesti?
Dipende molto dai piano di studio individuali. Se non si riesce durante il triennio si può progettare anche dopo la laurea. Solitamente si fa dal secondo anno in poi, ma c’è anche chi lo anticipa già al primo anno per avere più stimoli e motivazioni all’università. Molti pensano che andando in Erasmus perderanno un anno o un semestre, ma è un falso mito perché si possono sostenere esami anche nell’università straniera dove si è ospiti. Basta fare attenzione alla compilazione del piano di studi, il learning agreement, e accertarsi che gli esami che si intendono sostenere all’estero siano riconosciuti anche dal proprio ateneo. Sulle lauree non ci sono differenze: un Erasmus andrebbe fatto in tutte le facoltà. Ce ne sono alcune, come quelle mediche, dove non è incoraggiato perché non riescono a stipulare accordi strutturati o perché hanno professori che non li vedono di buon grado. Invece è fondamentale per tutti perché consente di conoscere un diverso modo di lavorare o di approcciare una materia. Serve perciò un’opera di sensibilizzazione non solo verso gli studenti ma anche per i docenti.
Perché consiglieresti uno scambio all’estero?
Perché è una sfida per sé stessi su diversi piani: dai problemi pratici come trovare casa, vivere in una realtà straniera, affrontare una lingua diversa dalla propria, fino a quelli più psicologici, come imparare a rapportarsi con mentalità e modi di ragionare diversi. Ma è una sfida che non deve spaventare perché ciò che restituisce è tantissimo e ripaga di ogni sforzo. Inoltre, grazie alle sezioni Esn internazionali, ci sono figure di riferimento sia prima della partenza sia all’arrivo nella città del soggiorno, perciò è una sfida in un ambiente controllato. E un’esperienza che davvero può cambiare la vita, perché consente di scoprire aspetti di sé stessi e potenzialità che magari a casa non si pensava neppure di avere e di cui l’intraprendenza è solo una fra le tante. E poi fa crescere come persone, perché rende più aperti e più duttili, nella professione come nella vita.

 

Di Ottaviano Nenti