CHIARAMENTE/1 di Chiara Di Berardino

Chiara Di Berardino, psicologa clinica

COME ARRIVARE PREPARATI AI TEST D’AMMISSIONE

Qualche consiglio per i docenti su come aiutare i ragazzi nella preparazione al test di ammissione universitaria

Di Chiara Di Berardino, psicologa clinica

 

 

L’importanza dell’orientamento in uscita
 
Sentiamo sempre più spesso parlare di “orientamento in uscita”, un tema molto importante perché determinante non solo ai fini di una scelta lavorativa ma anche di una soddisfazione personale e di un futuro professionalmente soddisfacente. Il senso dell’orientamento, infatti, è proprio quello di fornire strumenti, metodi e servizi capaci di allineare le opportunità che la società, il mondo del lavoro e della produzione offrono con i bisogni e valori di ogni ragazzo. La rilevanza del tema è evidente anche dalle scelte politiche prese a riguardo, basti pensare che all’interno del PNRR, con il programma di investimento 1.6 “Orientamento attivo nella transizione scuola università”, sono stati destinati molti fondi affinché l’Università svolgesse corsi di orientamento e giornate di open day, già nel triennio della scuola superiore, proprio per far sì che i ragazzi possano effettuare scelte consapevoli e responsabili. Da psicologa, conosco e mi confronto spesso con la difficoltà che gli adolescenti incontrano nel definire se stessi e i propri valori, spesso confusi con gli obiettivi da raggiungere. Non è infrequente, difatti, trovare studenti che sono indecisi circa la scelta universitaria o professionale. Questo rientra in un range di “normalità”, in un processo di crescita fisiologico e, appunto, biologicamente determinato. Erikson, uno dei principali psicologi dell’età evolutiva, definiva questa fase come “Confusione dell’identità”, cioè un periodo di vita in cui è richiesto ai ragazzi di trovare un compromesso tra ciò che si aspettano da loro stessi e tra ciò che il loro ambiente si aspetta da loro. Per l’autore, completare questo stadio di sviluppo con successo, significa costruire una base solida e salutare per la vita adulta.
Il ruolo dei docenti
La figura del docente è estremamente importante proprio perché rappresenta una delle persone di riferimento che sicuramente ha imparato a conoscere i ragazzi, avendone rilevato le peculiarità e le modalità tipiche di apprendimento, di comunicazione, di coping alle esperienze. D’altra parte, però, si apre una questione peculiare, che riguarda il dover conciliare una duplice posizione: quella del docente come una figura di riferimento per il ragazzo, quindi come guida e “caregiver”, e dall’altra quella del docente “curricolare”, che si trova a dover rispondere a delle esigenze ministeriali, come il completare il programma di studio, anche in vista dell’Esame di Stato e della maturità. La figura del docente, dunque, può giocare un ruolo fondamentale in diversi piani: da un punto di vista più psicologico, il docente può configurarsi come una guida, che racconta di tematiche legate all’importanza della preparazione, che non deve essere sinonimo solo di riuscita, ma di coraggio e di crescita. Il professore è guida che parla di valori e di interessi, che cerca di capire insieme al ragazzo quali siano le sue aspettative e che si formi e si informi con lui, con la classe e con la famiglia, su tutte quelle che possono essere delle prospettive che la nostra società e il nostro mondo offrono a partire dalla scelta universitaria. Sul piano dell’informazione, occorre poi avere una visione ampia ed una buona conoscenza di scenari altri rispetto alla carriera universitaria. Da qui l’importanza di proporre la realtà degli ITS Academy, scuole di eccellenza ad alta specializzazione tecnologica che permettono di conseguire il diploma di tecnico superiore e che, ad oggi, rappresentano un’opportunità di assoluto rilievo nel panorama formativo italiano, essendo il segmento di formazione terziaria professionalizzante non universitaria che risponde alla domanda delle imprese di nuove ed elevate competenze tecniche e tecnologiche per promuovere i processi di innovazione.
Il test di ammissione universitaria: quali effetti?
Come è noto a tutti, molte università, ormai già da qualche anno, hanno iniziato a proporre ai ragazzi i test di ingresso in un periodo compreso da marzo a seguire, a differenza degli anni passati, in cui erano prefissati non prima di maggio o dell’estate. Dunque, questo cambiamento temporale della presentazione del test, porta con sé delle modifiche anche in quello che è il percorso scolastico che deve progredire secondo queste nuove richieste. Ecco perché siamo tutti chiamati a rispondere a questa sfida. Sebbene introdurre un cambiamento non sia mai facile, perché richiede modificare delle abitudini ormai sperimentate e consolidate, sarebbe intanto indicato comprendere cosa un test d’ingresso può portare, in termini di vantaggio e beneficio, ai ragazzi, anche se posto in questo periodo “precoce” dell’anno. Infatti, rappresenta una prima forma di approccio al mondo universitario, che avviene in un contesto “protetto”, proprio perché il ragazzo è ancora inserito nell’ambiente scolastico; può essere una prima modalità per lo studente di venire in contatto con delle metodologie differenti rispetto a quelle usate negli anni scolastici proprio perché, appunto, si fa riferimento a programmi che hanno spesso bisogno di un aggiornamento per essere in linea con quello che viene richiesto dalle università. Ne consegue la difficoltà, per il ragazzo, di dover gestire queste richieste “esterne”, che provengono dal test di ammissione, e conciliarle con quelle che invece sono gli obblighi, per così dire, scolastici.
La “paura di non farcela”
Molte volte sentiamo parlare di ragazzi che di fronte le difficoltà sperimentano un vissuto caratterizzato da ansia, panico, tono dell’umore deflesso, basse strategie di coping – difficoltà ad affrontare quelle che sono le difficoltà che si presentano-, e dalla tendenza a rispondere agli eventi con modalità anticonservative, come autolesionismo, tentativi e atti di suicidio. Alcuni fatti di cronaca ci portano a riflettere su alcuni temi che normalmente non vengono trattati, come sugli effetti deleteri che determinati aspetti della nostra società possono avere su molte persone. L’elogio del successo e del merito e, di contro, il disprezzo per il fallimento e le difficoltà che si possono incontrare portano tanti individui a vivere le proprie difficoltà come una “battuta ‘d’arresto” nel proprio percorso e come una colpa da cui vergognarsi, un vero e proprio danno all’immagine. Siamo abituati a ragionare in maniera dicotomica: “vincitori” e “perdenti” e raccontare esclusivamente i successi delle persone, senza fare accenno alle difficoltà e alle ricadute che emergono nel percorso, contribuisce a far sentire chi sta vivendo un momento di criticità come un fallito e sbagliato. La verità è che il fallimento è un’esperienza assolutamente umana e normale con cui tutti, prima o poi, si troveranno a fare i conti, per cui occorrerebbe davvero iniziare a familiarizzare e a normalizzare tale concetto. D’altro canto, dobbiamo anche ricordarci che il successo non è un concetto univoco: la società prova a imporre i suoi standard, ma la realizzazione è qualcosa di personale. Ognuno dovrebbe stabilire che cos’è il proprio successo.
Cosa possiamo fare per essere preparati?
Per riprendere quanto detto in apertura, per essere preparati noi tutti, persone di riferimento per i ragazzi, psicologi e docenti, potremmo proporre diverse attività che presuppongono, tutte, la presenza di momenti di dialogo e ascolto che siano strutturati e volti a rilevare difficolta sperimentate nell’ambito dell’apprendimento, usando uno stile assertivo e un ascolto attivo. Difatti, conoscere eventuali difficoltà nella memorizzazione, nella difficoltà ad usare i tempi, nell’organizzare le informazioni principali, sono tutti dati che possono essere potenziati già a scuola, ancor prima di accedere ai corsi di preparazione ai test di ingresso. D’altra parte, come si accennava, occorre integrare sempre di più anche lo spazio del confronto e il dialogo circa problematiche più personali, come il tema del fallimento e della riuscita. In tal senso, laddove possibile, l’adesione allo sportello psicologico scolastico potrebbe essere davvero una buona fonte di sostegno in questo percorso. Utili sono anche gli incontri con le Università e gli Enti specializzati per l’accesso al mondo universitario o lavorativo, in modo da acquisire sempre più informazioni per compire scelte consapevoli. Si potrebbe pensare, in accordo con il consiglio di classe e di Istituto, di proporre dei programmi scolastici il più possibile flessibili, in modo da accogliere le richieste di orientamento. Costruire all’inizio dell’anno, con la classe, un “calendario degli impegni” permette di avere un planning a cui sia i ragazzi che i professori possono accedere, in modo da organizzare e indirizzare al meglio le proprie risorse. Ancora, creare un momento dedicato all’orientamento per mezzo della formazione di piccoli gruppi tra ragazzi che condividono la stessa scelta universitaria o lavorativa, permette loro di esercitare importanti abilità, come la comunicazione, l’ascolto, la curiosità e lo sviluppo di un pensiero divergente.
L’importanza del cambiamento
Credo e ritengo, infine, che piccoli accorgimenti possano essere già visibili nel modo stesso di guardare e vivere il momento del test di ammissione, non come impedimento o come qualcosa che viene imposto “da fuori” e che quindi toglie del tempo alla scuola, ma proprio come parte integrante della scuola. A ben vedere diventa un momento di scambio reciproco, di condivisione, in cui anche noi possiamo scoprire nuovi aspetti dei nostri ragazzi, come le loro modalità di gestire delle difficoltà, i loro stili di apprendimento, i loro valori e le loro ambizioni. Del resto, la finalità della scuola è proprio questa, di favorire un processo di crescita e benessere, a cui il processo di orientamento non può che contribuire.