Una vittoria da collezione guardando al futuro

La 24enne Giulia Barbieri dell’Istituto Modartech di Pontedera (Pisa) ha vinto il Milano Moda Graduate della Camera Nazionale della Moda Italiana. A Campus Orienta Digital racconta la sua esperienza e i segreti per raggiungere i propri obiettivi

Alla Milano Fashion Week di fine settembre l’Istituto Modartech di Pontedera si è aggiudicato il concorso fra le scuole di moda italiane con la collezione della sua giovane allieva Giulia Barbieri.

Campus Orienta Digital ha intervistato la vincitrice e il direttore dell’istituto, Alessandro Bertini, per conoscere le ragioni che hanno portato a questo traguardo.

E ispirare tanti altri giovani a trovare in loro potenzialità e motivazioni per raggiungere il proprio traguardo nel lavoro e nella vita

 

 Buongiorno Giulia, anzitutto ti chiediamo di raccontare ai nostri lettori la tua esperienza in questo contest

Siamo stati selezionati in 3 allievi dall’università Modartech per il contest della Fashion Week. A Milano la selezione ha ridotto a 6 i partecipanti per la finale italiana della categoria Fashion design. Alla serata sono stata proclamata vincitrice e… non mi sarei aspettata di vincere. Ho impiegato qualche giorno per realizzare.

Che tipo di abiti hai presentato al concorso? 

Ho creato una collezione di 6 outfit composta sia da abbigliamento sia da accessori. La mia idea di partenza è partita da un concept: Prada Mode, un club itinerante di città in città in cui ogni anno professionisti di vari settori si trovano a parlare di problemi sociali attuali. Due anni fa era incentrato sulla popolazione di colore. Essendo già attiva in ambito sociale, ho colto lo spunto per realizzare un excursus dei modi di vestire durante gli anni delle manifestazioni per la parità di diritti fra neri e bianchi nell’America del ‘900.

Ti sei ispirata a fatti storici, fra apartheid e inclusione, a quali in particolare?

Sono partita dalle vicende di Harlem e New York avvenute intorno al 1930, nei primi momenti di integrazione fra neri e bianchi, quando nasce una vasta produzione culturale degli afro-americani con il jazz, la danza, l’hip hop. Mi sono rifatta agli abiti a colori sgarcianti indossati in quelle situazioni, attraverso un fil rouge di vestiti che arriva sino agli stili dei giorni nostri e alle manifestazioni del Black Lives Matters avvenute a settembre in seguito all’uccisione di una persona di colore in America da parte di un gruppo di agenti.

Parti dagli States e arrivi in Toscana: che cose ti colpisce di questa terra?

Anzitutto l’artigianalità, la qualità con cui vengono trattate la maglieria, la pelle e ogni piccolo particolare di un abito, l’esistenza di botteghe dove operano ancora quelle mani d’oro che riescono a realizzare oggetti davvero impossibili da ricreare in serie. Durante la preparazione della mia collezione ho affiancato un artigiano e ho messo a punto ogni dettaglio, persino le fiaschette utilizzate durante il proibizionismo, quando le persone cercavano di nascondere l’alcool dentro i vestiti. In più ho creato tutta la parte di maglieria a mano a crochet.

Quanto tempo ti è costato un lavoro così certosino?

Per tutta la collezione, messa a punto in pieno lockdown, 4 mesi; per la maglieria a mano 5 mesi e mezzo. Un lungo lavoro che però ha dato il suo risultato: alla Fashion Week di Milano sono stata fortunata e questa manualità è stata notata e premiata.

 

         

 

Quando nasce questa tua grande passione per la moda?

Poco dopo la fine delle superiori. Non sapevo che cosa fare, avevo studiato Scienze Umane: materie come psicologia e pedagogia non mi dispiacevano ma non abbastanza da farne il mio lavoro. Così mi sono presa un anno sabbatico per staccare e riflettere: ho viaggiato in Inghilterra e Francia, in grandi città, per imparare le lingue e capire intanto che cosa volessi fare davvero.

La scintilla definitiva com’è scattata?

Viaggiando mi rendevo conto di essere attratta dalle cose belle: visitavo mostre e gallerie d’arte, osservavo forme, stili, architetture. Tornata in Italia ho deciso di dedicarmi al design: ho inizio da autodidatta, con manuali di design che trovavo nelle biblioteche. Ho cominciato ad approfondire da sola e mi sono resa conto che era la scelta giusta. A quel punto ho partecipato a open day e presentazioni di università e accademie per dare finalmente corso a una passione ormai sbocciata.

E hai deciso di iscriverti all’Istituto Modartech: come mai?

Quando sono entrata in questa università della moda ho visto le macchine da cucire, i tavoloni da modellista, le tavolette grafiche, l’artigianalità, la concretezza dell’officina, i tessuti, ho sentito il loro odore, ho capito che era qui che volevo studiare. Mi attraeva tutto. E me ne sono innamorata.

I tuoi studi precedenti in che cosa ti aiutano?

Il metodo che ho imparato mi permette di fare una buona ricerca sul prodotto che devo realizzare. La psicologia mi è utile per comprendere il meccanismo decisionale delle persone. Credo che nelle scelte le persone non vadano capite ma assecondate. Un designer deve essere un rispecchiamento, il riflesso di quello che è la società. Non è chiamato a stravolgere sistemi, ma a sviluppare nella creazione i semi di ciò che già esiste o sta per nascere.

Dopo la vittoria al contest hai detto che speri di iniziare un grande viaggio, quale?

Prima debbo concludendo il triennio di Fashion design triennale e la tesi sul mio progetto di collezione, “Look Over”. E insieme svolgere lo stage da Etro, famosa maison di moda italiana. Dopo spero che inizi in pieno il lavoro: vorrei creare, sono una persona molto eclettica e in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo credo che aiuti. Non ho in mente un settore ben preciso, collezione umno o donna, oggettistica o altro. È una scelta che compirò più avanti. Ora vorrei vivere una bella gavetta all’interno delle aziende.

Ti metterai in proprio?

Mi piacerebbe, ma non adesso. Quando si è così acerbi di lavoro si fallisce facilmente in un mercato così complesso e competitivo. Ne ho visto tanti che hanno aperto da soli e poi magari dopo 2 anni hanno dovuto cambiare strada.

Una domanda da inizio intervista che però non ti abbiamo fatto: ma il premio in che cos’è consistito?

Una parte è monetaria, che posso investire in corsi di formazione futuri o in nuove collezioni da realizzare. Un’altra è un portfolio di conoscenze del mondo della moda. Inoltre, al prossimo Fashion Hub, avrò la possibilità di presentare la mia collezione nella divisione riservata ai nuovi stilisti emergenti.

Non possiamo che augurarti in bocca al lupo, Giulia. Verremo a vedere le tue collezioni, anche perché il tempo sta cambiando e abbiamo bisogno di qualcosa di nuovo da indossare, magari colorato, come la tua moda ispirata ai neri d’America di metà ‘900, per ravvivare il grigio della stagione autunnale delle città.